paolo romanoSi riporta il resoconto stenografico dell’interrogazione dell’onorevole del Movimento 5 Stelle Paolo Romano a risposta immediata alla Ministra dello sviluppo economico, per quanto riguarda la situazione dello stabilimento di Castell’Alfero. PRESIDENTE. Il deputato Paolo Nicolò Romano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00706 concernente iniziative volte a salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali dello stabilimento Askoll di Castell’Alfero in provincia di Asti. PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signora Presidente, in questo preciso istante centinaia di lavoratori e lavoratrici della Askoll P&C di Castell’Alfero in provincia di Asti stanno presidiando lo stabilimento per protestare contro la decisione dell’azienda di procedere alla sua definitiva chiusura. Questo, a fronte di accordi precedentemente firmati tra azienda e sindacati, volti al rilancio delle attività del sito che sono stati unilateralmente disattesi dalla parte datoriale. Duecentoventitré lavoratori dal 7 giugno prossimo saranno senza lavoro. A nulla sono serviti gli incentivi economici promossi dalla regione Piemonte, la riduzione degli oneri contributivi per i contratti di solidarietà e la disponibilità dei lavoratori e delle lavoratrici a nuovi ulteriori sacrifici. L’azienda si è mostrata rigida su tutti i punti, non accettando nessun confronto nel merito dei dati tecnici ed economici esibiti dalle istituzioni e dalle parti sociali poiché ha già deciso di spostare la produzione in Slovacchia. Pertanto chiedo al Ministro, che sappiamo di delocalizzazioni se ne intende, quali iniziative intenda intraprendere per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Castell’Alfero così da salvaguardare un sito di eccellenza internazionale nella progettazione e produzione di motori elettrici. PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere. FEDERICA GUIDI, Ministro dello sviluppo economico. Signora Presidente, la crisi aziendale della Askoll di Castell’Alfero si è manifestata, secondo quanto è stato dichiarato anche dai vertici aziendali, a causa della forte riduzione dei volumi produttivi e del progressivo trasferimento delle produzioni e dei principali clienti, soprattutto clienti, nei Paesi low cost e della sempre più aggressiva concorrenza da parte di produttori asiatici capaci di produrre il medesimo prodotto a prezzi più bassi rispetto a quelli del sito citato. La società aveva già avviato nel 2009 un piano di ristrutturazione per rendere maggiormente competitiva l’azienda grazie a interventi da realizzare nello stabilimento per oltre sette milioni di euro. Nell’ambito di tale piano, si prevedeva di rendere lo stabilimento piemontese un centro di competenza delle piattaforme a motore destinate alla produzione del motore BPM Askoll Motor. Tuttavia, nonostante i citati investimenti si è mantenuto un perdurante stato di difficoltà. Tale situazione è nota a tutte le parti coinvolte ed è stata affrontata attraverso un accordo sindacale del 3 marzo 2012 e successivamente con un ulteriore accordo sottoscritto in data 5 giugno 2012 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ciò premesso, all’inizio di quest’anno le organizzazioni sindacali hanno interessato il Ministero dello sviluppo economico circa le criticità produttive e occupazionali del sito in questione anche a seguito della comunicazione del licenziamento collettivo il 25 febbraio scorso. Di conseguenza, il Ministero ha attivato un confronto istituzionale tra tutte le parti coinvolte. Nell’ambito degli incontri tenutisi al Ministero dello sviluppo economico, l’azienda ha dichiarato che lo stabilimento ha riportato negli ultimi anni perdite costanti. Inizialmente, la stessa aveva dato la propria disponibilità ad accogliere la richiesta del Ministero di sospendere la procedura di mobilità purché fosse ripresa la produzione. Successivamente, nonostante la disponibilità prospettata dalla regione Piemonte, oltre che dal Ministero, il management ha ribadito la propria decisione di chiusura sottolineando che essa è stata determinata da una situazione di insostenibilità economica dello stabilimento. Il Ministero dello sviluppo economico, unitamente alle istituzioni presenti, ribadendo la propria contrarietà alla decisione di chiusura, ha preso atto della decisione aziendale di ritenere vano qualsiasi tentativo di approfondimento alla luce delle disponibilità istituzionali. Il tavolo dunque rimane aperto e verrà aggiornato a breve per seguire l’evolversi della situazione. Quello che posso aggiungere è che, non solo il Ministero che rappresento, ma anch’io personalmente, per l’esperienza maturata in un settore che è quello del manifatturiero, le posso garantire che tutto il mio impegno personale, non solo del Ministero, verrà posto nel tentativo di cercare di mantenere al massimo l’occupazione in questo caso, come in tanti altri che purtroppo al Ministero abbiamo. PRESIDENTE. Il deputato Romano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signora Presidente, signora Ministro, non posso ritenermi soddisfatto della sua risposta. La ragione per cui noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo deciso di sollevare all’attenzione nazionale il caso specifico della Askoll di Castell’Alfero è perché esso rappresenta in maniera cristallina un utilizzo fraudolento dello strumento della delocalizzazione produttiva. L’ex Ceset di Castell’Alfero è sempre stata leader nel mondo nella produzione di motori elettrici per applicazioni domestiche, e potrebbe esserlo anche per la mobilità sostenibile; invece, acquistata nel 2009 dalla holding Askoll Spa, insieme all’altro stabilimento di Moncalieri, appartenenti entrambi al gruppo americano della Emerson appliance motors europe, nel giro di pochi anni, sono stati drasticamente ridimensionati, al punto che il sito di Moncalieri è stato chiuso nel 2011 e analoga sorte spetta il prossimo giugno a quello di Castell’Alfero, lasciando a casa quindi più di 600 persone. Mi chiedo perché acquistare gli stabilimenti industriali, se l’intenzione sia poi di chiuderli. Semplice: l’obiettivo è togliere di mezzo un potenziale competitore e appropriarsi di conoscenze, competenze e tecnologie da trasferire all’estero. Quello che dico non è frutto di un’opinione personale, ma di una tesi che trova riscontro in un documento riservato, che è stato reso fortunatamente pubblico da alcuni organi di stampa, relativo ad un piano per la chiusura dello stabilimento di Castell’Alfero, redatto già in tempi non sospetti, che evidenziava la volontà, da tempo maturata dai vertici aziendali, di delocalizzare all’estero la sua produzione. Entrambe le chiusure quindi sono in realtà parte di una strategia preordinata, partita dai più alti livelli aziendali, volta a delocalizzare all’estero conoscenze, competenze e tecnologia italiane. Ebbene, questo modo fraudolento di operare a danno del Paese e dei suoi lavoratori non possiamo più tollerarlo. La desertificazione del tessuto produttivo nel nostro Paese è ormai un fenomeno che ha raggiunto dimensioni allarmanti. Non c’è solo la fuga dei cervelli, ma anche quella delle imprese e lei, signora Ministro, di questo se ne intende, visto che è stata definita la «Ministra delle delocalizzazioni». Per questo motivo, noi del MoVimento 5 Stelle non possiamo avere nessuna fiducia del suo operato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).