Un inizio di settembre piuttosto teso quello di ieri sera a Santo Stefano Belbo. Dopo la conferenza di mercoledì ad Isola d’Asti del consorzio sulla presentazione dell’intesa fatta, comprese rese (ricordiamolo: 78+10 per l’Asti e 95 per il tappo raso) e la proposta del fondo promozionale, ieri il centro sociale ha ospitato un nuovo incontro, che riuniva case spumantiere, produttori e associazioni di reparto. Punto all’ordine del giorno: capire quanto gli agricoltori siano disposti ad accollarsi le trattenute in funzione di questo fondo che servirebbe a fare pubblicità. Ci ha pensato Giovanni Satragno a presentare la triste realtà attuale: “Lo scorso anno siamo passati da 80 a 50 milioni di bottiglie di Asti vendute. Bisogna fare pubblicità. Già in passato ci sono state trattenute, ma quest’anno il fondo sarà più basso (3,5 milioni circa) e ci sarà anche un sacrificio da parte dell’industria che vedrà le scorte aumentare”. Mentirei se dicessi che la platea fosse entusiasta della nuova notizia, ma d’altra parte non sono nemmeno volati pomodori. Nei diversi interventi molti agricoltori trovano ingiusto accollarsi spese per una pubblicità che deve essere l’industria a fare. “L’Asti è un prodotto che non dà margine, ecco perché le aziende non possono spendere” risponde Ricagno. “Noi non stiamo facendo i salti di gioia riguardo questa crisi, ma non possiamo investire su un prodotto che non traina” aggiunge Lorenzo Barbero di Campari. Non solo proteste da parte del pubblico, ma anche proposte quelle sorte ieri. Tra le più discusse quella di non portare gli esuberi, che danneggerebbero sia il mercato, già stracolmo di prodotto, sia l’industria, che, come detto dallo stesso Lorenzo Barbero, a volte ci perde anche. Per legge non è nemmeno possibile diminuire il tetto massimo di 120 quintali, anche se portare meno aromatico sarebbe funzionale allo smaltimento delle scorte e al riutilizzo del denaro in potenziali investimenti. Sembra che l’unica soluzione per sollevare questo prodotto che “sta perdendo la qualità percepita” (parole di Alessandro Picchi, rappresentate di Gancia) sia, almeno per ora, quella delle trattenute. Purtroppo per i contadini, se l’Asti, in via ipotetica, fallisse, le case spumantiere potrebbero comunque puntare su qualcos’altro, mentre per chi lavora il moscato con mano la situazione è diversa. Fatto sta che per stasera è prevista una nuova riunione, questa volta del Ctm, in cui si parlerà in particolare delle ingiuste trattenute sui contadini dei surì. E’ impossibile prendere una decisione che accontenti tutti, ma uniti si può imboccare la strada migliore. Danilo Bussi