Giuseppe Carrus è uno dei tre curatori della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso insieme a Marco Sabellico e Gianni Fabrizio. Giornalista e degustatore, da oltre vent’anni segue da vicino il mondo del vino italiano e internazionale, con particolare attenzione ai giovani produttori e alle nuove tendenze. Voce autorevole e appassionata, porta nella guida uno sguardo curioso e dinamico e ad Asti ha tenuto banco moderando la conferenza del 1° ottobre sull’Anteprima della Guida.

Qual è oggi il valore della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso?
“La Guida si avvicina alla sua 40ª edizione: quella che presenteremo quest’anno è la numero 39. Da sempre adotta il sistema di valutazione dei Tre Bicchieri, che non è mai cambiato, così come la struttura grafica delle schede: due cantine per pagina, e in alcuni casi sei, più sintetiche, per le nuove realtà che si affacciano sul panorama enologico nazionale. Può sembrare conservatorismo, ma in realtà dietro c’è un lavoro di costante rinnovamento: ogni anno si riparte da nuovi assaggi, e questo garantisce freschezza e aggiornamento continui. Un grande valore della Guida è stato poi quello di aprirsi all’estero: tradotta in inglese e tedesco, fin dagli esordi è stata presentata negli Stati Uniti e in Germania, e oggi tocca più di decine di tappe in tutto il mondo. È diventata così uno strumento di business oltre che culturale, utilizzato non solo dai consumatori, ma anche da distributori, monopoli e operatori del settore. Se mercati esigenti come USA, Nord Europa e Giappone ci considerano affidabili, significa che la nostra autorevolezza è reale”.

Perché avete scelto Asti per questa anteprima?
“È nato tutto dal rapporto con la Banca di Asti, che cercava un partner vitivinicolo con cui sviluppare un progetto. Noi abbiamo colto la possibilità di una sinergia concreta, ed è sembrata la sede perfetta. Già avevamo in mente di istituire un premio speciale dedicato ai giovani produttori: dialogando con la Banca di Asti, molto attenta a questo tema e vicina alle nuove generazioni di viticoltori, abbiamo capito che poteva nascere un percorso comune.
L’idea iniziale di sponsorizzazione è diventata così qualcosa di più ampio, che ci ha portato a organizzare qui la prima edizione dell’Anteprima della Guida Vini d’Italia. È stato anche un modo per coinvolgere i presidenti dei consorzi e rafforzare le relazioni: il Piemonte ha un sistema consortile che merita di essere osservato con grande attenzione”.

Un suo punto di vista sui vini piemontesi e dell’Astigiano in particolare.
Negli ultimi anni i cambiamenti climatici hanno modificato tempi e dinamiche delle vendemmie, e questi processi si percepiscono già nei calici. Ci vorrà tempo perché arrivino al mercato, ma la qualità e le peculiarità sono evidenti. L’Astigiano deve smettere di percepire se stesso come un territorio in ombra rispetto alla Langa, o subalterno: ha invece saputo esprimere e affermare un proprio valore autonomo. Non si tratta soltanto di bontà del vino, ma della capacità di trasferire le peculiarità del territorio nel bicchiere. È inutile fare confronti sterili con altre zone: l’Astigiano ha grandi tipicità e alcune denominazioni stanno crescendo in modo significativo. È un risultato importante”.

L’intervista completa sulla Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 3 ottobre 2025.

Marianna Natale