vincenzo latronicoAbbiamo iniziato venerdì, con Fausta Garavini, finalista al Premio Bagutta con “Storie di donne”, edizioni Bompiani e proseguito ieri con Giovanni Cocco, finalista al Premio Campiello con “La caduta” ed. Nutrimenti: fino a domenica prossima pubblicheremo ogni giorno una breve intervista a ciascuno degli scrittori in concorso per l’edizione 2013 del Premio Asti d’Appello. A tutti abbiamo fatto le stesse domande. Oggi parliamo invece con Vincenzo Latronico, finalista al Premio Comisso con La cospirazione delle colombe, ed. Bompiani. Come descriverebbe “La cospirazione delle colombe”? “La cospirazione delle colombe è un romanzo che parla di ambizione, amicizia, tradimenti e compromessi, con al centro un problema morale. Il problema è questo: cosa rispondere a chi fa una scelta sbagliata e si giustifica dicendo che, se non l’avesse fatta lui, l’avrebbe fatta qualcun altro? È una cosa che accade in moltissimi contesti, dalla finanza ai crimini di guerra, dall’evasione fiscale ai concorsi pubblici. Certo: “lo fanno tutti” non è una scusa; eppure è molto difficile, a livello teorico, spiegare perché non lo è. Ho cercato di farlo in un romanzo”. Qual è la sua esperienza e quale il suo giudizio sui premi letterari in Italia? “Personalmente, ottima e sorprendente. Continuo a meravigliarmi del fatto che esistano, o resistano, o insistano”. Cosa pensa degli altri scrittori in concorso e del Premio Asti d’Appello? “Non conosco personalmente gli altri autori, ma da lettore stimo Paolo di Paolo. Per quanto riguarda il premio Asti d’Appello, venendo da una famiglia di giuristi sento il rapporto con la disciplina in modo particolarmente forte. È naturale, certo, ma anche triste e un po’ patetico discutere di romanzi sempre e solo nel circolo di chi se ne occupa professionalmente, critici e scrittori; e il legame con la giurisprudenza è per certi versi spontaneo (sempre di parola si tratta) e ha un fondamento storico molto forte. Mi sento in famiglia, in qualche modo”. MN   la cospirazione delle colombe