Un filo robusto collega la vittoria astigiana su Alba, quando venne corso il Palio di guerra documentato da Guglielmo Ventura, alla fondazione di San Damiano. Un filo rosso che va ben oltre l’anno in cui questi eventi andarono in scena. Perché entrambi rappresentano due episodi della sfida di Asti agli Angioini, due vicende del periodo in cui gli Astigiani spezzarono il cappio stretto da Carlo d’Angiò intorno al loro Comune. Celebrare quasi in contemporanea i 750 anni della prima traccia scritta del Palio e la nascita di San Damiano, in sostanza, non è né una forzatura né tantomeno una coincidenza. Sono due capitoli di un unico, grande romanzo che il medievista Ezio Claudio Pia, allievo di Renato Bordone, racconta ricostruendo con precisione le dinamiche politiche di quel fatidico 1275.

Quindici anni prima Carlo D’Angiò aveva proiettato le sue mire espansionistiche sul Piemonte. Come si era arrivati al conflitto con gli Astigiani, i dominatori dell’Italia nord-occidentale?

“La politica piemontese degli Angioini comprometteva il sistema di potere astigiano, basato su una rete di controllo articolata. Di fatto, dal 1260, Carlo d’Angiò aveva circondato Asti inglobando nella sua sfera di influenza tutti i territori circostanti. In questa operazione rientravano anche terre vescovili come quelle dell’Astisio, corrispondenti grosso modo alla zona dell’attuale Roero. Il vescovo aveva reagito, salvo poi raggiungere un accordo con gli Angiò. Se da un lato Asti si era trovata isolata, dall’altro lato la disastrosa sconfitta patita a Cossano nel 1274 aveva generato uno stimolo per immaginare relazioni diverse. Una delle prime azioni messe in campo dagli Astigiani, oltre a rinnovate alleanze con forze regionali avverse agli Angiò, era stata quella di liberarsi delle forze signorili del territorio che agli Angioini si appoggiavano”.

Tra queste forze c’erano i Gorzano, una famiglia dell’antica aristocrazia militare vassalla. La storia di San Damiano comincia qui, vero?

“Sì, i Gorzano appartenevano a una dinastia con legami vescovili che, dall’alto del suo castello, esercitava un controllo radicato sul territorio dell’odierna San Damiano e non solo. Approfittando della disfatta di Asti a Cossano, i Gorzano si allearono con gli Angioini per conservare uno spazio di autonomia ormai sempre più limitato. Un’alleanza di pura convenienza, insomma, che scatenò la risposta di Asti. Lo scontro durò fino al settembre 1275, quando i Gorzano patteggiarono la resa. A quel punto, gli Astigiani fondarono nel loro territorio la villanova di San Damiano facendo confluire anche uomini dipendenti dai signori di Lavezzole, Castelnuovo e Marcellengo. Mentre alcuni di loro si erano trasferiti nella villanova in maniera non coatta, gli uomini dei Gorzano erano entrati a farne parte in modo coatto”.

Il concetto di villanova è fondamentale per capire la configurazione territoriale dell’epoca. In cosa consisteva concretamente?

“Le villenove erano nuovi insediamenti in cui Asti trasferiva le popolazioni delle zone sottomesse per ridefinire gli assetti del territorio. Così facendo, almeno formalmente, le comunità potevano autodeterminarsi garantendosi il “privilegio” di rimanere legate al Comune. Questa formula, già utilizzata in precedenza e replicata anche da altre città, era tornata di attualità in pieno Duecento per risolvere le controversie degli Astigiani con alcuni signori del territorio. Tra la sconfitta di Cossano e il 1275, di fatto Asti era riuscita a riorganizzare il suo sistema di potere territoriale ridimensionando la forza delle dinastie”.

L’intervista completa e altri approfondimenti sui 750 anni di San Damiano sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 17 ottobre 2025

Alberto Gallo