Una mummia, il suo sarcofago, una giovane egittologa: il mistero di Ankhpakhered ha tutti i requisiti per appassionare i visitatori del Museo civico Archeologico e Paleontologico di Asti, dove la mummia dimora dal 1903, quando fu donata alla cittadinanza dal conte Leonetto Ottolenghi.
Con l’Ankhpakhered mummy project, Sabina Malgora (curatrice della sezione egizia del Castello del Buonconsiglio di Trento) ha portato il reperto in giro per l’Europa in occasione di congressi, incontri di studi e mostre sull’antico Egitto.
L’archeologa dirige da alcuni anni il progetto con Luca Bernardo (dipartimento materno-infantile del Fatebenefratelli di Milano): la mummia e il sarcofago di Ankhpakhered che la custodisce infatti, erano stati sottoposti a restauro conservativo a opera di Gianluigi Nicola e in quell’occasione l’attenzione del pubblico e degli specialisti, egittologi, antropologi e medici, era stata attirata dalle radiografie che, esposte, mostravano quello che le bende celavano alla vista.
“Il reperto è uno scheletro, non un corpo – spiegano i responsabili -; i piedi non sono in posizione, ma collocati tra i femori; le ossa delle mani sono scomposte; nella cassa toracica le costole sono affastellate con denti, ossa della mano e parte di un piede; il bacino è spinto in alto fino alle scapole. Il corpo riposa su una sorta di barella costituita da 21 canne, di cui alcune entrano nel forame occipitale per sostenere il cranio: aspetti insoliti, che hanno fatto sorgere molti interrogativi che vanno a sommarsi ad altri dubbi. Le iscrizioni sul sarcofago ci dicono infatti che Ankhpakhered era un sacerdote del dio Min, divinità legata alla fertilità e alla sessualità, vissuto tra la XXII-XXIII dinastia (circa 945-715 a.C.) ma sulla mummia non compare il nome e nessun amuleto fra le bende e all’interno del sarcofago”. Insomma, ci sono davvero le spoglie di Ankhpakhered nel sarcofago?
Una tac effettuata nel marzo del 2009 al Fatebenefratelli di Milano, per datarla e scomporla in 2950 immagini assiali che hanno reso possibile la ricostruzione in 3D svelandone la storia medica, aveva evidenziato che la mummia non sarebbe quella del sacerdote.
Adesso, a distanza di due anni, ecco che un’endoscopia, ha approfondito lo studio con il fine di eseguire una datazione al radiocarbonio C-14 e un’analisi tossicologica con un esame mai effettuato prima su una mummia dell’antico Egitto, per il quale è stato utilizzato un endoscopio di dimensioni estremamente ridotte prelevando minuscoli frammenti già distaccati dallo scheletro dell’individuo senza sciogliere il bendaggio.
“La mummia è unica – dicono ancora i responsabili-: siamo di fronte aduno scheletro e non a un corpo, sottoposto a mummificazione, con l’inserimento di una “barella” di canne al di sotto delle bende, oltre che alla sottrazione del sarcofago di un sacerdote per il seppellimento dello stesso”.
Un documentario di Superquark racconterà la storia di questo reperto attraverso le analisi mediche e questo caso aprirà come special lecture il 12esimo congresso ESTES (Società Europea di  Chirurgia d’Urgenza e del Trauma), organizzato dall’ESTES e dalla Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e Trauma, che si svolgerà a Milano dal 27 al 30 aprile (padiglioni di FieraMilanoCity del centro congressuale Milano Convention Centre).  
Marianna Natale

EQUIPE
L’endoscopia è stata effettuata dal Prof. Michele Vignali, Professore associato Divisione di Ostetricia e Ginecologia II, Istituto di Clinica Ostetrica Ginecologica I, Università degli Studi di Milano – P.O. Macedonio Melloni.
Le analisi tossicologiche saranno effettuate dal Prof. Franco Lodi, Ordinario di Tossicologia Forense, Istituto di Medicina Legale, Università degli Studi di Milano.
Le analisi al radio-carbonio saranno effettuate dal Prof. Lucio Calcagnile CEDAD-Centro di Datazione e Diagnostica dell’Università del Salento situato nella Cittadella della Ricerca di Brindisi.
Le analisi antropologiche dal medico legale e antropologo forense, Prof.ssa Cristina Cattaneo, direttrice del Labanof, laboratorio di antropologia e odontologia forense, e dal Dott. Davide Porta della Facolta di Medicina e Chirurgia dell’ Università degli Studi di Milano.
L’équipe si avvale anche della consulenza dell’antropologo Jonathan Elis, direttore dell’ Akhmim Mummy Studies Consortium della  University of Pennsylvania che cataloga e studia mummie provenienti dal sito di Akhmin, dal quale dovrebbe provenire anche il reperto in fase di indagine.
Tali indagini permettono di raccogliere informazioni importanti per lo studio del reperto, di datarlo e di comprenderlo in tutti suoi aspetti (causa del decesso, età, malattie sofferte), completando così lo studio iniziato.
Il fotografo del progetto è Igor Furlan, che ha seguito con passione la ricerca fin dal suo nascere; è di origine piemontese ed ha pubblicato su riviste di design e architettura.
Giacomo Armani e Matteo Inzani hanno realizzato le riprese video.