La candidatura di Beppe Passarino ha scosso il campo del centro sinistra, già provato dalla rinuncia al bis di Fabrizio Brignolo. Ne parliamo proprio con lui, apprezzato assessore alle Politiche Giovanili e allo Sport nella giunta Voglino, una vita nell’associazionismo cattolico. Quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a rientrare nella politica attiva, dopo l’esperienza nella giunta Voglino? “Prima di tutto, non per volontà mia. Non mi sono proposto ma mi è stato chiesto. Sulle prime ero un po’ perplesso, visto il compito particolarmente gravoso che mi attendeva. L’idea si è poi sedimentata, ho recuperato la motivazione che mi ha guidato alla candidatura di dieci anni fa nella lista Voglino, l’esigenza di impegnarmi nel sociale, comune con il mio passato scout. Per realizzare una città migliore a volte bisogna farlo, bisogna insomma metterci la faccia. Con delle regole però. Ogni cosa deve avere una sua motivazione e un suo valore etico. Questa è la ragione vera del mio impegno. C’è la possibilità di avere una città migliore, dobbiamo impegnarci per farlo”. La sua candidatura non era gradita a una parte del centro sinistra. Secondo lei per quali ragioni? “Bisogna chiederlo a loro. Mi è stato riferito che alcuni avevano perplessità, altri avevano una chiusura totale. La mia reazione è stata fraintesa, quando ho detto che il non gradimento era reciproco. Nessuna presunzione, solo percorsi culturali e sociali diversi. Io voglio mettere la persona davanti a tutti, citando Don Tonino Bello e il suo libro “Il vangelo del coraggio”, dove diceva che gli uomini valgono più delle pietre, intendendo come pietre le strade, le infrastrutture. Ricostruire l’uomo, superare il disagio e le situazioni di marginalità, riportare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni forse serve di più che costruire e dare delle case. Certo sicurezza, casa, strade sono importantissime per una comunità, ma l’attenzione alla persona vale di più. Penso ad esempio a un’accelerazione sul bilancio partecipativo, a una forte attività di prevenzione del disagio come presupposto essenziale per la sicurezza, più ancora della semplice repressione. Una buona amministrazione deve, facendo rispettare le regole, creare un ambiente solidale, aiutare le famiglie nell’educazione genitoriale, aiutare i giovani astigiani a creare impresa e non augurarsi che le iniziative imprenditoriali arrivino da fuori”. Lei è sostenuto dalla Federazione della Sinistra, sarà la sinistra estrema il suo bacino elettorale o pensa a un voto trasversale, vista anche la sua lunga militanza nell’associazionismo cattolico? “Sono soprattutto espressione della lista Uniti si Può, un raggruppamento che ha in sé molte esperienze. Sto cercando di recuperare persone che hanno alte capacità ma che sono state deluse dalle ultime amministrazioni che si sono succedute in città. Sono in mezzo alla gente, ci metto la faccia di persona, ringrazio mia moglie che si è resa disponibile a sopportare le mie assenze, anche se la mia sarà una campagna elettorale di condivisione con la mia famiglia, l’impegno politico non mi farà abbandonare le mie convinzioni e l’esigenza di dedicare tempo prezioso alla vita famigliare”. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 17 marzo 2017. M.B.