Continua fino al 30 giugno AstiTeatro, lo storico festival di teatro nazionale e internazionale, con la direzione artistica di Emiliano Bronzino, giunto alla quarantunesima edizione e organizzato dal Comune di Asti, nell’ambito del progetto di rete PATRIC,  Polo Astigiano per il Teatro di Ricerca e di Innovazione Contemporaneo, il cui maggiore sostenitore è la Compagnia di San Paolo nell’ambito dell’edizione 2019 del bando Performing Arts, e grazie al prezioso sostegno di Regione Piemonte, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Fondazione CRT, MIBAC, Fondazione Piemonte dal Vivo e ASP.

Dopo i sold out registrati dalla maggior parte degli spettacoli in programma, questo il programma del fine settimana della rassegna:

Venerdì 28 giugno alle 19 allo Spazio Kor va in scena in prima regionale “L’ombra della sera” di Alessandro Serra con Chiara Michelini, una produzione Teatro di Sardegna / Compagnia Teatropersona.
L’ombra della sera si ispira alla vita e all’opera di Alberto Giacometti il cui universo viene evocato con un racconto silenzioso ed essenziale, fatto di immagini e movimento. Un movimento che non corrisponde mai al puro spostamento, ma piuttosto a una qualità più profonda e intima.
La struttura drammaturgica si compone a partire dalle opere dell’artista: forme precise da cui estrarre possibili qualità di movimento e corrispettivi frammenti di umanità da evocare. Il racconto si sviluppa attraverso un punto di vista femminile ispirato alle tre donne della sua vita: la madre Annetta, la moglie Annette e la prostituta Caroline.
La grande avventura per Giacometti consisteva nel veder sorgere qualcosa di ignoto ogni giorno sullo stesso viso. In questo senso lo spettacolo si ispirerà soprattutto al suo sguardo. Scoprire e far scoprire che la materia di queste esili figure non è carne martoriata né ossa scarnificate, ma piuttosto una speciale membrana, invisibile e sconosciuta che, come ossa sensibili alla pioggia, si infiamma di fronte a uno sguardo puro. Uno sguardo capace di attraversare la ferita più segreta e svelarne la bellezza, solitaria e dolente. È di ritrattistica dal vero che si sta parlando non di arte astratta. Sarà un ritratto dal vivo.

Alle 20,30 alla Chiesa del Gesù prima nazionale per “Le confessioni di Monica a Sant’Agostino”, uno spettacolo di Lorena Senestro, prodotto dalla Caduta, tratto da “Le Confessioni” di Sant’Agostino. Le Confessioni, scritte nel 398 D.C., sono il capolavoro di Agostino d’Ippona, santo, filosofo e padre riconosciuto del pensiero moderno. Sono una lunga conversazione con Dio scritta per essere letta a viva voce, un cammino fra gli eterni e immutabili problemi esistenziali e la cura della propria anima. Un lungo viaggio, dedicato allo spirito, nel quale Un lungo viaggio, dedicato allo spirito, nel quale l’autore cerca conferma alla sua fede, tentando di colmare la distanza fra anima e ragione, dispiegando tutte le contraddizioni del suo straordinario percorso biografico.
Riprendendo le parole, i temi e la forma de “Le Confessioni”, Lorena Senestro dà voce alla madre di Agostino, Santa Monica, figura dibattuta e contraddittoria, che rivolge le sue confessioni al figlio invece che a Dio. La vita che narra è quella di una madre, apprensiva
e severa, completamente dedita alla conversione del figlio primogenito al Cristianesimo. Un figlio adorato più di Dio, un dialogo vivo, illuminato, che conduce gli spettatori ad una riflessione sui limiti e sulle speranze dell’esistenza, una spietata indagine sui doppi fondi dell’anima e sul più diabolico dei suoi poteri: mentire a se stessi.

Alle 22 alla Casa del Teatro 3-L’Arcoscenico prima nazionale de “L’uomo più crudele del mondo”, scritto e diretto da Davide Sacco, con Mauro Lamanna e Gianmarco Saurino, prodotto da Teatro Bellini di Napoli e Teatro Vascello.
Una stanza spoglia, in un capannone abbandonato. I rumori della fabbrica fuori e il silenzio totale all’interno. Paul Veres è seduto alla sua scrivania, è l’uomo più cattivo del mondo, o almeno questa è la considerazione che la gente ha di lui. Proprietario della più importante azienda di armi d’Europa, ha fama di uomo schivo e riservato. Davanti a lui un giovane giornalista di una testata locale è stato scelto per intervistarlo, ma la chiacchierata prende subito una strana piega.
“Lei crede ancora che si possa andare avanti dopo questa notte… lei crede che questa vita domani mattina sarà la stessa che viveva prima?” dirà Veres al giornalista. In un susseguirsi di serrati dialoghi emergeranno le personalità dei due personaggi e il loro passato, fino a un finale che ribalterà ogni prospettiva.

Sabato 29 giugno alle 18 in Sala Pastrone “Emigranti” di Slawomir Mrozek, spettacolo con Besmir Haliti ed Endri Ahmetaj, diretto da Emiliano Palali e prodotto dall’associazione Dora e Pajtimit. Evento realizzato in collaborazione con la Fondazione Giovanni Goria.
È la storia di due profughi che si ritrovano vivere in un sottoscala in una capitale europea, affrontando drammi personali e cercando di fuggire da questa realtà. Dalle loro diversità nascono incontri e scontri. Due uomini molto diversi tra loro: AA un intellettuale, un ex politico finito sulla lista nera, e XX un semplice e rozzo contadino, fuggiti da una dittatura in cerca della libertà. Ma una volta liberi si ritrovano a vivere auto imprigionati in un sottoscala senza finestre, cercando di fuggire da questa vita. Chi come XX attraverso il lavoro, le sue passeggiate in giro per la città e le sue fughe nel passato e nel futuro col desiderio di poter tornare a casa; e chi come AA passando le intere giornate a leggere, studiare, scrivere, filosofeggiare sulla vita e al desiderio bruciante di far parte della società e del mondo. Da questo derivano poi tutti gli incontri/scontri tra i due personaggi. L’autore del dramma, Slawomir Mrozek (1930 – 2013), è stato scrittore, drammaturgo e fumettista polacco, le cui opere esplorano l’alienazione, la conformità e le limitazioni della libertà umana sotto un sistema totalitario. Mrozek spesso usa un umorismo surreale e situazioni grottesche per rivelare le convinzioni distorte dei suoi personaggi.

Alle 20 il festival torna al Teatro Alfieri per Alessandro Bergonzoni con “Trascendi e Sali”, del quale è autore del testo, oltre che regista insieme a Riccardo Rodolfi. Bergonzoni è diventato un “sistema artistico” complesso che produce e realizza le sue idee in svariate discipline per, alla fine, metabolizzare tutto e ripartire da un’altra parte facendo tesoro dell’esperienza acquisita. E tutto questo ad un autore che non ha rinunciato alla sua matrice comica, mai satirica, aggiunge un ulteriore, ovvia, complessità per il suo quindicesimo debutto teatrale. “Trascendi e sali” arriva infatti dopo “Urge” e “Nessi” spettacoli che hanno inciso profondamente Bergonzoni, in tutti i sensi, aprendogli artisticamente e socialmente strade sempre più intricate e necessarie. Uno spettacolo dove il disvelamento segue e anticipa la sparizione, dove la comicità non segue obbligatoriamente un ritmo costante e dove a volte le radici artistiche vengono mostrate per essere subito sotterrate di nuovo.

Alle 22 la Chiesa del Gesù ospita un’altra prima nazionale, prodotta dalla Corte Ospitale, “Molière e Madelaine”, scritto e diretto da Roberto Cavosi, con Patrizia Milani, Marco Spiga e Antonio Carnevale.
È il racconto di una delle più famose coppie di teatranti, Molière e Medeleine Bejart, sul palcoscenico del teatro dove Molière stava rappresentando Il Malato Immaginario. La notte in cui renderà l’anima a Dio, per quanto Dio avesse realmente voglia d’accoglierla.
Egli è infatti in collera con il nostro Creatore e con l’umanità intera: una collera così sorda da provocargli i mali più impensati, da farlo sentire ormai un osso completamente spolpato, da diventare lui stesso un malato immaginario. Ma c’è una ragione più profonda: egli infatti non sa se la sua attuale sposa, la giovane figlia della Bejart, sia sua figlia. Madeleine, in quella strana notte, è con lui, ma non vuole sciogliere l’enigma. Lo scontro tra i due ex amanti diventa così cocente e lacerante, ma anche e soprattutto rivelatore di un grande amore, di un amore carnale e intellettuale al tempo stesso, un amore capace di legarli per sempre.

Il festival si chiude domenica 30 giugno: alle 17 (con replica alle 21) in Sala Gianni Basso (ex ridotto Teatro Alfieri) va in scena “Scavi”, un progetto di Daria Deflorian e Antonio Taglierini scritto ed interpretato da Francesco Alberici, Daria Deflorian e Antonio Taglierini, una coproduzione A.D. e Festival di Santarcangelo.
“Il mio lavoro è uno scavo, una ricerca archeologica tra gli aridi materiali del nostro tempo” diceva Michelangelo Antonioni.
Anticipando il debutto di “Quasi niente”, uno spettacolo liberamente ispirato al film del 1964 “Il deserto rosso” di Michelangelo Antonioni, “Scavi” è un progetto collaterale, una performance per un numero limitato di spettatori, che vuole essere la restituzione pubblica delle “scoperte” della compagnia nella fase di indagine del lavoro, gli “scavi” appunto, che hanno portato alla luce il diario di uno degli assistenti alla regia, le fotografie di scene girate non montate, e i primi pensieri di Antonioni scritti a penna quando l’idea era vaghissima.
Il regista ha dichiarato in un suo scritto: “Noi sappiamo che sotto l’immagine rivelata ce n’è un’altra più fedele alla realtà, e sotto quest’altra un’altra ancora, e di nuovo un’altra sotto quest’ultima. Fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai. O forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà”.

Alle 19 lo Spazio Kor ospita il debutto di “Sempre verde”, da “Trilogia dei legami” di Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani, con Caroline Baglioni e Christian La Rosa.
Il terzo elemento della Trilogia dei legami affronta quello che forse è il più complesso e affascinante tra i rapporti di sangue, ovvero quello tra Sorella e Fratello. Le vicende interiori dei protagonisti sono emblema di un’epoca, quella contemporanea, e assumono un valore generazionale, dove i personaggi incarnano sentimenti diffusi e contraddizioni del nostro tempo. Il fratello torna da un lungo vagare, ma vuole ripartire. La sorella non si è mai mossa da dove è nata. L’incontro tra i due è un viaggio verso il riconoscersi, che spazia tra la realtà fatta di incertezza, paura di non riuscire a costruire nulla con le proprie mani, e una memoria nella quale i due si ritrovano bambini, sognanti, giocanti.
Un tempo, insieme, per ritrovare le radici. In questa Antigone e questo Polinice contemporanei, scorre un sangue che rischia di infettarsi, un sangue che sta sbiadendo, avvelenato dalla paura. Un sangue che però è lo stesso, un sangue che non può essere ignorato, qualunque cosa accada: il sangue dei Fratelli.

Chiude il festival alle 21 alla Chiesa del Gesù in prima regionale “Io sono. Solo. Amleto”, spettacolo scritto e interpretato da Marco Cacciola, produzione Elsinor. Come si fa a “uccidere un padre che è già morto”? Che di vendicarlo proprio non si ha voglia… Bisogna davvero “ereditarne il nome” e seguirne i passi sulla terra? O meglio risolversi a lasciarlo riposare sotto quella terra e seguire i propri passi, rischiando pure di sparire? Da queste e da altre domande ancora, l’interprete di Amleto parte per indagare i propri confini. E così, in questo non-luogo, misterioso e di passaggio, sono destinati a sprofondare alcuni personaggi dell’Amleto, ognuno portatore di un tema e di una rinnovata visione sulla vita e sulla morte, ognuno interpretato dallo stesso uomo, Solo. Il progetto parte dal testo shakespeariano per attraversare i dubbi che fondano il nostro tempo.

Al cartellone del festival si affiancano numerose iniziative, a partire da AstiTeatro per la Città, sezione dedicata alle proposte teatrali locali che animerà il cortile della Cascina del Racconto fino al 30 giugno, tutti con inizio alle ore 22:
Venerdì 28 giugno “Scalze sulla fune”, di Fiorella Carpino, con Susi Amerio, Fiorella Carpino e Susanna Nuti, Compagnia Teatrale Aroma d’Arte.
Scalze sulla fune è la visione della vita da una prospettiva pungente e vertiginosa.
Tre ragazze, Carola, Candida e Cristel, tre brave ragazze costrette a combattere contro il loro più grande nemico, quello che un tempo è stato il loro Salvatore. Attraverso scenari di droga, alcol e prostituzione la vita delle tre si fa sempre più presente nella vita attuale di tutti noi, lasciando uno strascico di amara verità che con fatica si riesce a mandar giù. Scalze sulla fune è l’ombelico del mondo delle ragazze in preda alla sofferenza, ragazze che con lo sguardo verso le stelle, non hanno mai smesso di immaginare un futuro migliore.
Sabato 29 giugno “Finis Acquae” di Luciano Nattino, con gli allievi del Laboratorio Teatrale Liceo Scientifico F.Vercelli di Asti, regia di Fabio Fassio Una storia in cui due o più persone constatano con amarezza che più niente è come prima e che l’acqua, bene assoluto e primario, è in via di esaurimento. E quella che c’è ancora è inquinata. Problema planetario. Responsabilità evidenti. E tuttavia una delle due persone afferma che con…qualcosa… tutto può cambiare. Con cosa?” Il testo del drammaturgo astigiano assai rimpianto scomparso nel 2017 riflette su una tematica attuale in modo ironico anche se pungente: l’esaurimento delle risorse idriche. Venti “variazioni sull’acqua”, venti esercizi di stile ispirati al grande Queneau che i ragazzi del Laboratorio Teatrale del Liceo Scientifico F.Vercelli di Asti tenuto da Fabio Fassio del Teatro degli Acerbi con la collaborazione dell’insegnante Valeria Bertolo porteranno in scena con dinamica partecipazione.
Domenica 30 giugno omaggio a Fabrizio De Andrè con la Piccola Orchestra Sand Creek in “Fabrizio De Andrè, il cantore delle donne e degli emarginati”. Paolo Cerrato (narratore), Valeria Frassati (narratrice), Aristide Cassullo e Matteo Cassullo (chitarre), Elio Calosso (basso, cori), Lucky Riccio (voce solista), Antonio Scaramozzino (batteria), Roberto Musso (percussioni), Veronica Corapi (flauto, cori), Luisa Avidano (violino, cori), Beppe Tantaro (tastiere), Marina Barbier (piano.) La Piccola Orchestra Sand Creek, tribute band di Fabrizio De Andrè offre uno spettacolo non solo musicale, ma con il contributo di filmati proiettati e di parti narrate, recitate e cantate, ripercorrendo la vita di Fabrizio a partire dai primi anni di vita da sfollato in tempo di guerra con la famiglia, nel paesino di Revignano d’Asti. Quel periodo ha ispirato infatti alcuni tra i suoi brani più famosi. Nel ventennale della sua morte, uno spettacolo che ne evidenzia l’aspetto più umano, religioso ed interiore, senza prescindere dall’aspetto artistico, con riferimenti ai momenti più importanti della sua vita.

Fino al 30 giugno dalle 16 alle 19 al cortile della Leva di Palazzo Ottolenghi si potrà scoprire il “Villaggio fragile al Mago Povero” a cura di Antonio Catalano.
Un percorso poetico, un’istallazione ecologica di rifugi primitivi costruiti con materiali
naturali (canne, foglie, rami, etc.) e ambientazioni, dove ascoltare e creare storie, giocare e restare incantati.
28 giugno dalle 16.30 alle 17.30 Narrazioni poetiche a cura di P. Bortoluzzi, V. Catalano, C.Giorgione e G. Marchiaro, 17.30 La leggenda del pane, spettacolo di burattini di e con Josephine Ciufalo;
29 giugno dalle 16.30 alle 17.30 Narrazioni poetiche a cura di P. Bortoluzzi, V. Catalano, C. Giorgione; 17.30 Piccoli universi sentimentali con Cinzia Morandi del Pan Teatro, regia di Antonio Catalano;
30 giugno dalle 16.30 alle 17.30 Narrazioni poetiche a cura di P. Bortoluzzi, V. Catalano, C. Giorgione e G. Marchiaro; 17.30 Favole della ragazza dagli occhi di venere, di e con Antonio Catalano.

Venerdì 28 giugno alle 22 nei Giardini di Palazzo Alfieri La Ghironda presenta “Il Divorzio” di Vittorio Alfieri. Regia Tiziana Miroglio. musiche del XVIII secolo interpretate dal Gruppo La Ghironda diretto da Florio Michielon.
“Il Divorzio”, ultima opera di Alfieri, è la più realistica delle sei commedie, “tutta moderna ed italiana” come il poeta scrisse nel settembre del 1800. È la satira di un matrimonio di interesse nel quale il contratto nuziale, secondo il costume del tempo,
è circondato da tante clausole da lasciar libera la moglie da ogni soggezione al marito e da rendere il matrimonio apparente un vero divorzio. Il tono farsesco dell’Alfieri è carico di significati morali, di aperti sdegni, di condanne di costume, di insofferenza verso una società che gli appare mediocre persino nel vizio, riflesso della decadenza degli ideali politici. Il gruppo “La Ghironda” mette in scena la “stesura” in prosa che, nel modus operandi di Alfieri costituiva la versione intermedia dopo “l’idea” – in cui in estrema sintesi venivano definiti la trama dell’opera, il suo significato ed i caratteri
dei personaggi – e prima della definitiva formulazione in versi. Il testo in prosa tuttavia presenta alcuni punti in cui il dialogo si interrompe per lasciar posto a brevi note di sceneggiatura dell’autore, pertanto, per colmare tali lacune, vengono inserite parti in versi che impreziosiscono il recitato senza che il cambio di registro diventi salto stilistico stridente. Il lavoro è arricchito dall’inserimento di musiche dell’epoca eseguite dal vivo dal gruppo stesso.

AstiTeatro farà un’incursione alla Casa di Reclusione di Asti il 28 e 29 giugno alle 18 con lo spettacolo “Lisistrata nei quartieri spagnoli” di Mimmo Sorrentino, interpretato da tredici detenuti. Lisistrata, come nella commedia di Aristofane, organizza uno sciopero del sesso per convincere gli uomini a sospendere la guerra e firmare la pace. Questa Lisistrata però non agisce nell’antica Grecia, ma nei quartieri di Napoli. E i belligeranti non sono Ateniesi e Spartani, ma clan rivali che si contendono le piazze per lo spaccio della droga. Il clima ironico e scurrile della commedia di Aristofane resta intanto. Come resta intatta la sua visione emancipata della sessualità. La sua dissacrante e naturale forza. Il suo adolescenziale e incandescente pacifismo. L’attualizzarla però la getta nel reale, nel luogo dell’incubo, del dolore, che l’accompagna come un basso continuo, come un irreparabile accaduto. Il dolore per le donne abbandonate e per quelle che hanno abbandonato, il dolore per il desiderio castigato e soprattutto il dolore per non essere riusciti ad onorare la bellezza, la sacralità, la vivacità e l’intelligenza dei luoghi dove si è nati e cresciuti, rendono questo spettacolo unico, generatore di trasformazioni. Apre così le porte alla “crisi”, da intendere nella sua accezione etimologica, ossia “crescita”. Drammaturgia e regia di Mimmo Sorrentino, assistente alla regia Raffaella Cordara. Le prenotazioni per lo spettacolo sono chiuse.

Infine, come di consueto durante il festival resterà aperta l’osteria del Gat Rustì in via Bonzanigo per gustare piatti della tradizione.

AstiTeatro41 è organizzato dal Comune di Asti, nell’ambito del progetto di rete PATRIC,  Polo Astigiano per il Teatro di Ricerca e di Innovazione Contemporaneo, il cui maggiore sostenitore è la Compagnia di San Paolo nell’ambito dell’edizione 2019 del bando Performing Arts grazie al prezioso sostegno di Regione Piemonte, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Fondazione CRT, MIBAC, Fondazione Piemonte dal Vivo e ASP.
Con questo festival, il progetto Patric è entrato a far parte di PERFORMING +, un progetto per il triennio 2018-2020 lanciato dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione Piemonte dal Vivo con la collaborazione dell’Osservatorio Culturale del Piemonte, che ha l’obiettivo di rafforzare le competenze della comunità di soggetti non profit operanti nello spettacolo dal vivo in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Biglietti:
10 euro intero
7 euro ridotto abbonati stagione Teatro Alfieri e over 65
5 euro ridotto studenti under 25 abbonati Festival delle Colline
Spettacoli “AstiTeatro per la città” alla Cascina del racconto ingresso libero tranne “Scalze sulla fune” e “Fabrizio De Andrè: il cantore delle donne e degli emarginati”, posto unico 5 euro.
“Il Divorzio”: ingresso libero.

Per informazioni e prenotazioni: Biglietteria Teatro Alfieri (Asti) 0141.399057-399040
www.astiteatro.it www.comune.asti.it
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