Molto seguito a Villanova l’incontro “La Dottrina Sociale della Chiesa: una risposta per una nuova responsabilità d’impresa al servizio del bene comune” che il 6 giugno scorso si è svolto nel Salone dell’Ex Confraternita Ss. Annunziata.

“Siamo consapevoli – ha detto introducendo il dibattito il presidente della sezione astigiana dell’Ucid Luigi Gentile – di quanto la riflessione su questo tema ci proponga una sfida che si addentra in molteplici complessità. Ma siamo altrettanto consapevoli del fatto che i problemi importanti siano sempre complessi e vadano affrontati globalmente. Occorre trovare il modo per farli interagire all’interno di una nuova prospettiva”.

Su questo filo conduttore si sono susseguiti gli interventi, moderati dal presidente del gruppo Piemonte e Val d’Aosta Ucid Gian Carlo Picco. La tavola rotonda è stata animata da rappresentanti di Ucid, Progetto Culturale Diocesano, Commissione Pastorale Sociale e del Lavoro e Unione Industriale di Asti.

“Il primo grande obiettivo di sempre della dottrina sociale della Chiesa – ha spiegato don Marco Andina, delegato vescovile per l’evangelizzazione e la catechesi e consulente ecclesiastico della sezione Ucid di Asti- è quello di proporre a tutti una forte moralità come condizione essenziale per una buona società. Un discorso rivolto direttamente ai cattolici ma offerto come stimolo alla riflessione e al confronto a tutti gli uomini. Quale etica propone la dottrina sociale della Chiesa? Il riconoscimento dell’altro come un altro me stesso e conseguentemente una visione delle relazioni tra gli uomini comunitaria e non individualistica, un’etica della responsabilità e della giustizia, un’etica della carità. L’impegno della coerenza della vita con i valori a cui si fa riferimento. Conseguono poi una serie di principi ispiratori tra cui richiamo i più importanti: dignità della persona umana, famiglia, solidarietà, sussidiarietà, destinazione universale dei beni e proprietà privata”.

“Responsabilità – ha aggiunto nella sua analisi Michelino Musso, referente del Progetto culturale della Diocesi di Asti – è una parola dal sapore antico, oggi sempre meno pronunciata, sempre meno praticata. Ma cosa significa letteralmente essere responsabili? La composizione della parola respons-abilità, esprime la capacità di dare risposta appropriata a situazioni, eventi, persone, cioè capaci di agire, di rispondere efficacemente alle necessità, alle diverse situazioni. Responsabilità come rispondere a, rispondere di, rispondere per, con la capacità di esprimere una dimensione progettuale alla costruzione del futuro nella convinzione, riprendendo un pensiero di Martin Luther King Jr, che l’impegno è “qui e ora”.

In linea con questi concetti anche le parole di Luigi Ghia, sociologo ed esperto dell’equipe del Progetto culturale della Diocesi di Asti: “Emerge una nostra responsabilità, cioè un “dover rispondere” (secondo l’etimo del termine) sia individualmente sia come organizzazioni che rappresentiamo, per non consentire che esista una frattura tra le parole alte della dottrina sociale e il comportamento quotidiano di chi ad essa dice di ispirarsi. Liberati da preoccupazioni difensive, di autogiustificazione e di conservazione dell’esistente, dovremmo assumerci l’umile compito di costruire quei ponti tra due mondi – quello reale, concreto, sofferente e disincantato, il mondo dei volti degli uomini e delle donne reali, e quello astratto, asettico, teorico, il mondo dei sondaggi e delle maschere, per poter attraversare un abisso che non è ancora stato colmato”.

Erminio Renato Goria, presidente dell’Unione Industriale di Asti, ha voluto portare il caso della propria esperienza di imprenditore, poi dopo un’analisi della congiuntura ha detto: “Occorrono a in questo momento storico mutamenti non facili, eppure indispensabili. Il progresso economico avviene e si rafforza solo se accompagnato da quello più ampio del vivere civile e della libertà. Entrambi vanno difesi e riconquistati in continuazione. Sapendo che conoscenza e innovazione sono le chiavi per aprire nuovi mercati ed espandere le produzioni, lungo un sentiero fatto sempre più di qualità. Libertà in espansione e istituzioni efficienti richiedono obiettivi comuni e un agire super partes, per il bene di tutti. E’ importante che in questo processo nuovo vi siano istituzioni forti e autorevoli che sappiano recuperare la fiducia dei cittadini e delle imprese, che oggi è gravemente erosa. Alla lunga non può esservi sviluppo ed è a rischio la stessa convivenza civile, se non vi è fiducia nelle pubbliche istituzioni, nella loro correttezza, nella loro imparzialità, nella loro competenza ed efficienza. Ciò richiede uno scatto d’orgoglio di tutta la classe dirigente italiana e un abbassamento dei toni della polemica politica. Questo è ciò che in gran parte manca all’Italia in cui viviamo”.

Monsignor Francesco Ravinale, in conclusione dei lavori, ha spiegato come sia fondamentale incastonare la serata nel cammino della Chiesa locale, “Chiesa madre e maestra”, secondo l’espressione di Giovanni XXIII, e dunque educatrice.

L’impronta emersa dall’incontro villanovese è quella di una forte moralità, letta da tutti i partecipanti al dibattito in un’ottica di fede, ma sempre attenta alle complessità emergenti in questo nostro tempo. Dall’attenzione alla complessità emerge una nuova filosofia per affrontare e risolvere i gravi problemi del momento: una filosofia attenta a due punti di riferimento che egli, in quanto pastore, ritiene essenziali ed obbliganti: l’attenzione alla verità che si costruisce nell’ascolto attento della Parola di Dio e del Magistero (nella fattispecie, la dottrina sociale cristiana), e alla carità che si coniuga in due cifre caratteristiche dell’impegno di cristiani che vivono l’inserzione nell’umano: il dono, che può e deve diventare il valore aggiunto di un’economia reale (sganciandosi dunque dalla fissità e dalla ineluttabilità delle leggi economiche) e la gratuità che non è utopia, ma rinnovamento autentico di un processo umanizzante che parte dal cuore degli uomini.

MN