Domani, sabato 11 febbraio, si celebra la XXXI Giornata del Malato. Il tema scelto è “Abbi cura di lui”.

Alle 16.45  è previsto il rosario al Santuario della Beata Vergine del Portone;  alle 17.30 il vescovo Marco Prastaro celebrerà la messa (inizio alla Grotta, benedizione dell’acqua e processione al Santuario).

La messa in ospedale di oggi, venerdì 10, sarà invece riservata esclusivamente a degenti e personale sanitario. 

Ecco la riflessione di Tiziana Stobbione, incaricata della Pastorale della Salute

In occasione della XXXI Giornata Mondiale del Malato papa Francesco ha indirizzato a tutti noi un messaggio che ci invita a vivere la compassione come un esercizio sinodale di guarigione, “Abbi cura di lui”, sottolineando quanto la malattia non sia un concetto astratto, poiché essa fa parte della nostra esperienza di esseri umani. 

Vivere la solitudine e l’abbandono, l’isolamento e l’emarginazione, piuttosto che il distacco dagli altri o la quarantena (quarantena che è un ricordo indelebile nelle nostre menti e che ha segnato la nostra vita durante la pandemia da covid 19) rende, però, l’esperienza di malattia ancora più difficile, poiché può portarci a sperimentare momenti di crisi. Quando si cammina insieme, sottolinea il Santo Padre, “… è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso. È lì, in quei momenti, che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme, o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio, badando ai propri interessi e lasciando che gli altri ‘si arrangino’. Perciò, in questa XXXI Giornata Mondiale del Malato, nel pieno di un percorso sinodale, vi invito a riflettere sul fatto che proprio attraverso l’esperienza della fragilità e della malattia possiamo imparare a camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza”.

Il riferimento alla parabola del Buon Samaritano contenuta nel vangelo secondo Luca (Lc, 10, 25-37) e attualizzata da papa Francesco nella sua Lettera Enciclica dell’ottobre 2020 Fratelli Tutti viene ripreso nel messaggio per la Giornata Mondiale del Malato poiché, come sottolinea il Santo Padre “… l’ho scelta come cardine, come punto di svolta, per poter uscire dalle ‘ombre di un mondo chiuso’ e ‘pensare e generare un mondo aperto’ (cfr n. 56). C’è infatti una connessione profonda tra questa parabola di Gesù e i molti modi in cui oggi la fraternità è negata. In particolare, il fatto che la persona malmenata e derubata viene abbandonata lungo la strada, rappresenta la condizione in cui sono lasciati troppi nostri fratelli e sorelle nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto”.

Ci si può ammalare: la visione del mondo, del nostro vivere quotidiano, si trasforma e ci spiazza, quando da sani ci si scopre malati. Chi sta vivendo una situazione di malattia vive una sostanziale frattura nel suo stato di benessere fisico, psichico, spirituale e relazionale e sperimenta la condizione di paziente (dal latino: patior, che significa patire, soffrire). Quando ci ammaliamo la malattia sembra definire tutto l’orizzonte e persino l’identità della nostra persona: non ci percepiamo quasi più come creature libere, in grado di decidere e programmare ogni momento della vita, ma viviamo in una condizione di soggetto “malato”, fragile, che deve sottostare a protocolli e terapie, a vicinanze o lontananze che rendono ancor più difficile l’esperienza a cui siamo chiamati. Non siamo mai pronti per la malattia, e nemmeno per ammettere l’avanzare dell’età che ci vincola e ci limita, poiché tutti temiamo la vulnerabilità. Per la fragilità non c’è spazio in questa società e può accadere, non di rado, che gli altri ci abbandonino, o che paia a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti. Così inizia la solitudine e ci avvelena il senso amaro di un’ingiustizia per cui sembra chiudersi anche il Cielo.

E poi si ammalano gli altri, anche le persone a noi care, i nostri amici, i conoscenti: il senso di abbandono temuto per noi durante una situazione di fragilità e di sofferenza, però, pare non averci insegnato quasi nulla poiché è proprio qui che tante volte manifestiamo un’improvvisa distanza, come se il desiderio di soccorrere, di farsi prossimi al dolore altrui, venisse frenato dall’impulso ad allontanarsi, perché “tu sei in una condizione diversa, che mi fa paura, per te, per me. Mi avvicino, mi prendo cura, ma ti sento e mi sento lontano”. E’, invece, in queste situazioni, che Papa Francesco ci esorta a saper “… riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente” (Fratelli tutti n. 64).

Tutti possiamo essere il viandante aggredito dai briganti, così come ognuno di noi può interrompere  l’indifferenza che frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli, divenendo un buon Samaritano. Abbi cura di lui» (Lc 10,35) è la raccomandazione del Samaritano che affida il malcapitato, il sofferente, il malato, all’albergatore. La parabola, infatti, “ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. (tutti noi)… siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile” (Fratelli tutti nn. 67-68).

L’11 febbraio 2023, seguendo le esortazioni del Santo Padre, volgiamo allora lo sguardo al Santuario di Lourdes come a una profezia, come a una lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità, poiché “non vale solo ciò che funziona e non conta solo chi produce. Le persone malate sono al centro del popolo di Dio, che avanza insieme a loro come profezia di un’umanità in cui ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare” e accogliamo la Sua benedizione apostolica che “all’intercessione di Maria, Salute degli infermi, affido ognuno di voi, che siete malati; voi che ve ne prendete cura in famiglia, con il lavoro, la ricerca e il volontariato; e voi che vi impegnate a tessere legami personali, ecclesiali e civili di fraternità” e recitiamo, insieme , la Preghiera per la XXXI Giornata Mondiale del Malato:

Padre santo,

nella nostra fragilità

ci fai dono della tua misericordia:

perdona i nostri peccati

e aumenta la nostra fede.

Signore Gesù,

che conosci il dolore e la sofferenza:

accompagna la nostra esperienza di malattia

e aiutaci a servirti

in coloro che sono nella prova.

Spirito consolatore,

che bagni ciò che è arido

e sani ciò che sanguina:

converti il nostro cuore

perché sappiamo riconoscere i tuoi prodigi.

Maria, donna del silenzio e della presenza:

sostieni le nostre fatiche

e donaci di essere

testimoni credibili di Cristo Risorto.