È San Secondo che oggi ci raduna qui in questa bellissima collegiata. San Secondo, un soldato romano morto martire nel 119. Di lui sappiamo poco, non sappiamo invece nulla di coloro che lo hanno ucciso. 

San Secondo un umile soldato, eliminato perché cristiano e quindi avvertito come pericolo per il “regime” romano che non poteva tollerare chi non si piegava al loro potere o non si inginocchiava ai loro idoli. L’ironico paradosso della storia è che l’oppresso, lo sconfitto, il senza voce è colui che oggi viene ricordato. E questa è anche la promessa di Dio, di capovolgere le gerarchie degli uomini perché alla fine gli oppressi, i deboli e i dimenticati siano i veri vincitori, i veri forti. Così è stato per Gesù, così è stato per San Secondo

L’apocalisse li descrive come coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione, come una moltitudine immensa che nessuno può contare. Ci dice anche quale è stata la loro condizione sulla terra: avevano fame, avevano sete, non avevano un riparo presso cui rifugiarsi, la loro vita era bagnata dalle loro stesse lacrime.

Il salmo ci spiega che questa loro condizione non viene da Dio, ma è il risultato della malvagità e della bramosia di alcuni uomini descritti come “presi dal furore della loro ira”, e che cercano di “assalire e inghiottire vivi” gli altri.

Questa moltitudine immensa ha una caratteristica precisa che li identifica: riconosce che la salvezza appartiene a Dio, il solo che adorano.

All’opposto chi appartiene al maligno è chi non adora il Signore e ritiene che la salvezza venga da altro che non è Dio, che la salvezza sta nelle cose, nella ricchezza, nel prestigio, nel potere usato per sé e per la propria cerchia di alleati, un potere che usa le persone per il raggiungimento dei propri fini.

Gesù chiama tutto questo “il mondo”. Ed il mondo odia gli uomini che seguono la Parola del Signore. Li odia, perché intralciano il suo sistema di vita e lo smascherano nella sua malvagità. Da questo odio e dalla difesa di un sistema egoistico nascono i martiri, nasce San Secondo.

Detto questo, ci chiediamo che cosa può voler dire per noi oggi, qui nel 2021, in tempo di Covid, in questa stagione che vorremmo fosse di rinascita per il mondo intero e per la nostra Città, celebrare la festa di San Secondo, il senza voce, lo sconfitto?

La tradizione ritrae San Secondo con la città in mano. San Secondo ha la città di Asti nella sua mano, la tiene nel suo palmo. La tiene lui, non chi lo ha eliminato!

In lui allora, nel suo stile e nelle sue scelte possiamo rintracciare il nostro futuro, la nostra rinascita e – permettetemi di aggiungere – per noi che abbiamo responsabilità di vario genere nella nostra città, in San Secondo rintracciamo quello che deve essere il nostro stile nel prenderci a cuore la città.

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci dà delle indicazioni precise e fissa 3 obbiettivi: custodire dal maligno, far crescere nell’unità, avere coraggio.

Custodire dal maligno la vita di chi ci è affidato cioè far crescere, dare la possibilità a tutti di esprimersi al meglio di sé, dando a tutti delle opportunità, non dimenticando nessuno.

Per noi come Chiesa custodire significa anche metterci dalla parte dei deboli e dei dimenticati degli sconfitti, vigilando sull’operato di coloro che hanno in mano le loro sorti. Vigilare perché il maligno non prevalga mai, perché i deboli siano sempre tutelati.

Custodire per noi come Chiesa vuol anche dire farci voce di chi non ha voce, farci voce di coloro a cui voce non è data o la cui voce non è ascoltata. Custodire, per noi come Chiesa significa fare come il Signore che terge le lacrime di chi è dimenticato, di chi è nella necessità e nel dolore.

Gesù nella sua preghiera esprime anche l’aspirazione a tenere tutti uniti. Sia nostro impegno quotidiano far crescere la comunione, la fratellanza, l’accoglienza perché tutti si sentano sempre a casa nella nostra bella città.

Lavorare per l’unità significa ancora più profondamente impegnarsi perché non vi sia mai un gruppo che prevale sull’altro, significa assicurare che il bene comune prevalga sempre su interessi particolari. Ed anche su questo aspetto, proprio perché siamo la Chiesa di san Secondo vogliamo lavorare e vigilare.

Ogni martire poi ci richiama al coraggio, al mettere in conto le tribolazioni, l’opposizione più o meno forte del maligno. Perché questo modo di esercitare la responsabilità ha un costo, a volte gravoso, e dunque richiede coraggio.

La Parola che abbiamo ascoltato, infine ci propone tre strumenti per realizzare tutto questo:

Usare sempre e soltanto parole di verità, la ricerca continua della giustizia, l’agire con la potenza di Dio (che non è il dominio e la prepotenza, ma l’amore che sa amare tutti fino al sacrificio)

Rendere onore a San Secondo significa far sì che questa grande responsabilità diventi realtà e non sia solo l’emozione superficiale di un breve momento in questa bella giornata di festa. E questo lo potremo fare solo insieme, solo lavorando tutti insieme!

Buona festa di San Secondo a tutti. Buon lavoro a tutti perché questa festa diventi rinascita e vita bella per tutti coloro che abitano ad Asti. 

+Marco