Il commento alla Parola di domenica 19 maggio 2019 (V Domenica di Risurrezione) a cura di padre Gerardo Bouzada.

Con il testo di oggi inizia quello che è stato chiamato il discorso di congedo di Gesù durante l’ultima Cena. Insieme a questo tema, Giovanni prosegue spiegando la glorificazione di Gesù. Giuda ha lasciato il cenacolo per consumare il tradimento. Il Vangelo indica brevemente e profondamente che era notte. La notte simboleggia il potere del male e dell’oscurità. Gesù sente tutto questo eppure, parla di glorificazione perché è il suo modo di affrontare l’amara bevanda della morte e umana sconfitta.

La gloria di Dio

La glorificazione significa, riferita a Dio, la manifestazione del suo essere interiore, il suo amore; Dio è amore; e riferito all’uomo, è il suo sviluppo, la sua pienezza e identità. La gloria di Gesù e quella del Padre sono identificate in questo testo biblico. Gesù manifesta la sua gloria consegnando la sua vita. Questo rivela la gloria e l’amore del Padre per gli uomini.
Gesù glorifica il Padre consegnandosi volontariamente alla morte. È un atto d’amore totale da parte del Figlio verso il Padre e verso di noi. Gesù trasmette la sua gloria consegnando il suo Spirito nello spirare sulla croce.
Ogni uomo e donna che compie la volontà di Dio manifesta la sua gloria e il suo amore. Dio rivela all’uomo la sua intimità, il suo essere profondo. E in Dio, l’uomo scopre il suo essere, il suo progetto, la sua vocazione, il suo presente e il suo futuro.

Il nuovo comandamento

La gloria è l’essere intimo di Dio, che è amore. E questo mistero Gesù lo scopre ai suoi discepoli: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
Proprio come nell’Antico Testamento, il decalogo era la legge fondamentale per costituire Israele come popolo di Dio, ora nel Nuovo Testamento, questo nuovo comandamento è il fondamento, lo statuto e l’identità della comunità di Gesù, la Chiesa.
Nel suo comandamento, Gesù non chiede nulla per se stesso o per Dio. Solo per l’uomo. Dio non sta assorbendo o accaparrando l’uomo. Al contrario, è una forza espansiva di amore universale. È una fonte d’amore. Dio non può smettere di amare. Dio è amore. Altrimenti, non sarebbe Dio. Se Dio ci ha amato in questo modo, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri (1 Gv 4, 11).

Come io ho amato voi

Il nuovo comandamento è amare come Lui ci ama. La misura, l’ideale e il punto di riferimento è Lui. Amare consiste nell’accogliere, nel mettersi al servizio degli altri, per dare loro dignità e libertà attraverso l’amore. Questo è ciò che Gesù ha mostrato nelle due precedenti scene: lavanda dei piedi e supremo rispetto della libertà nell’episodio di Gesù con Giuda. In questo abbiamo saputo cos’è l’amore: che ha dato la sua vita per noi. Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (1 Gv 3,16).

Il segno distintivo dei cristiani

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35). È la carta di presentazione della nuova comunità di discepoli formata da Gesù. La norma che è Gesù viene tradotta in fatti, non in tante parole. Lui è il vero amico, è colui che è sempre con te, nel bene e nel male. Ti aiuta ad essere migliore. Il migliore amico è Cristo, colui che dà la vita per te: Lui si è fatto uomo per te, è morto sulla croce per te, è rimasto nell’Eucaristia per te. Per incontrare Cristo bisogna cercarlo nel Vangelo e nel Tabernacolo. L’amore è ciò che costituisce la nuova comunità nata da Gesù. Questa è la vera prova per i cristiani.

LETTURE: At 14, 21-27; Sal 144; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-33. 34-35