Il commento alla Parola di domenica 27 ottobre 2019 (XXX Domenica del Tempo Ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada

Se Dio ha una debolezza è questa: davanti all’umile si commuove, lo benedice, lo ascolta. Sì, le grida degli umili e dei poveri passano attraverso le nuvole. Due domeniche fa, Dio ci ha invitato ad essere grati, riconoscendo ciò che fa per noi. Oggi ci scoraggia dall’adottare un atteggiamento di orgoglio e presunzione, nella nostra preghiera e nella nostra vita. San Paolo, dicendo di aver combattuto bene la lotta della fede, non si mette in mostra come il fariseo del vangelo, ma riconosce l’opera di Dio in lui e nelle comunità cristiane da lui fondate.

Un’occhiata al fariseo

‘E l’incarnazione dell’orgoglio. Prendiamo nota dei suoi atteggiamenti. ‘E in piedi, invece che sulle ginocchia. Loda sé stesso, invece di adorare e lodare Dio. Copre la bocca a Dio, e parla solo di sé stesso invece di ascoltare Dio. Giudica il povero e il pubblicano invece di guardare il suo piccolo cuore marcio. Orgoglioso, autosufficiente, vanitoso, solo soddisfatto di sé stesso. Pensa di essere una brava persona perché è il primo, non ruba o uccide, aiuta quando tocca e paga ciò che deve essere pagato. Ma lui non ama. Egli è pieno della sua santità e non c’è posto per la grazia di Dio. Orgogliosamente elenca volentieri l’elenco delle sue virtù e i suoi meriti. La sua preghiera è uno sfogo di orgoglio. Conseguenza? Esce dal tempio peggio di come era entrato. Perché la preghiera dell’orgoglioso non tocca Dio.
Diamo un’occhiata al pubblicano
Il pubblicano era un mascalzone integrale. Gestiva la dogana come esattore delle tasse per i romani, per le casse del tempio, e per la sua tasca. Il pubblicano non aveva diritti civili. Ma questo pubblicano oggi è stato toccato dal dito di Dio ed è venuto a chiedere perdono al Signore. Esempio di umiltà. Prendiamo nota dei suoi atteggiamenti. Egli rimane a distanza, perché non pensa di essere degno di avvicinarsi al Dio tre volte santo. Si riconosce peccatore davanti a Dio.
Forse non era molto dedito alla preghiera. Ma il giorno in cui decise di andare al tempio, pregò con tutta la sua anima, abbattendosi il petto e scoppiò in lacrime. La sua preghiera era piena di sgomento. E Cristo lo ha lodato, perché è venuto al mondo come avvocato per cause perse. Conseguenza? Il pubblicano lascia il tempio giustificato, cioè perdonato, riconciliato da e con Dio. Se c’è una debolezza in Dio è questa: benedice l’umile peccatore che chiede perdono.

Un’occhiata a noi stessi

Per gli ascoltatori di Gesù, questa parabola del Fariseo e del pubblicano, doveva essere una sorpresa, uno scandalo e un rifiuto. Cosa ha fatto di sbagliato il fariseo? Cosa ha fatto di bene il pubblicano? Dio ha rigetto dei farisei che vivono la legge con fedeltà, e dunque preferisce chi ha le maniche lunghe? Attenzione! Gesù non condannò il fariseo religioso, nè canonizzò il pubblicano, ma migliorò tutte e due. Cosa siamo: farisei o pubblicani? Saremmo farisei, se non ci riconosciamo peccatori e bisognosi della misericordia divina; se cerco di far vedere le mie virtù e buone azioni come se fossero conquiste dei miei muscoli e non della grazia divina corrisposta. Quando adempio i doveri e cerco la salvezza, non per far felice Dio e il prossimo. Invece, saremmo pubblicani, benedetti da Dio, quando verremmo a pregare Dio per lodarlo, benedirlo, chiederli perdono per i nostri peccati; quando considereremmo gli altri meglio di noi, quando perdoneremmo senza rancore quando non ci aiutano o ci abbandonano, come è successo a San Paolo; quando saremmo fedeli per amore a Dio. Tutti siamo farisei o pubblicani: Faccio il mio dovere come un robot? Convertiti ad un rapporto cordiale con Dio come il pubblicano. Vivi come il pubblicano? Ricorda che devi essere fedele come uno dei buoni farisei. Dio migliora ambedue i protagonisti.
Dove sono ritratto quando prego Dio: nell’orgoglioso fariseo o nell’umile pubblicano?

LETTURE: Sir 35,15-17.20-22; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.16-18; Lc 18, 9-14