Il commento alla Parola di domenica 1 settembre 2019 (XXII Domenica del Tempo Ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada.

Cosa è la virtù dell’umiltà?

Ai nostri giorni, la virtù dell’umiltà è talvolta capita negativamente, come se fosse sinonimo di mancanza di coraggio e determinazione. Ma, anche oggi, l’umiltà è una virtù molto apprezzata. Se dovessimo cercare un equivalente contemporaneo agli eroi dell’era classica, quelli che venivano presi come modelli di virtù, probabilmente guarderemmo gli atleti. Ci identifichiamo con i loro successi e celebriamo le loro grandi “azioni”. Crediamo anche che il buon atleta debba mostrarsi, nell’esercizio della sua professione, come una persona virtuosa. Da loro, come dagli eroi dell’antichità, ci aspettiamo qualità come l’onestà, la dedizione, il coraggio… e l’umiltà.
Essere umili è essere consapevoli della propria fragilità: conoscere e riconoscere i propri limiti. Solo allora possiamo valutare correttamente la portata delle nostre possibilità. Essere umili significa essere grati: sapere che tutto ciò che siamo lo dobbiamo a coloro che ci hanno aiutato a crescere e maturare personalmente e professionalmente, sapendo che i nostri meriti non sono mai esclusivamente nostri.

La saggezza e il senso teologico dell’etica

La saggezza della tradizione dell’Antico Testamento si sviluppa grazie al dialogo tra la fede ebraica e la filosofia greca. Gli ebrei sono consapevoli della ricchezza culturale che il pensiero ellenistico nutre e si avvicinano ad esso. Scoprono nella filosofia uno strumento che può essere di grande aiuto per approfondire la loro fede. Inoltre, hanno bisogno di esprimere le loro convinzioni secondo il nuovo modo di pensare e di essere in grado di giustificare la loro scelta di vita contro altre concezioni offerte nelle diverse scuole filosofiche.
Il libro del Siracide elogia la virtù dell’umiltà perché rende l’uomo consapevole dei propri limiti e grato per i doni ricevuti. Dov’è la novità, allora? La novità è all’orizzonte in cui pone questa e le altre virtù: l’amore e la misericordia di Dio. La felicità e la realizzazione che cerca la vita virtuosa possono essere solo in Dio.
L’umiltà impedisce all’uomo di pensarsi Dio fuggendo dall’idolatria. Aiuta a relativizzare la sua forza aprendo il suo cuore alla fiducia in Dio. Lo rende consapevole di aver bisogno di Lui. Permette un sincero ringraziamento al Creatore nell’intimo del cuore. Il Siracide ci ricorda che ciò che veramente ci rende più persone ci avvicina a Colui che dà solide fondamenta e significato a qualsiasi proposta etica.

Gesù: insegnante di vita

La parola e la persona di Gesù portano in pienezza ciò che è rivelato nell’Antico Testamento. L’insegnamento di Gesù ci parla degli umili in un doppio senso: di coloro che agiscono con discrezione e senza vanità e di chi è umile per condizioni sociali: i poveri, i paralizzati, gli zoppi e i ciechi.
I banchetti, nell’antichità, avevano due funzioni principali: erano luoghi di dibattito e polemiche su vari argomenti di interesse e servivano ai padroni di casa per dimostrare il loro status e competere nel prestigio e nel riconoscimento sociale con i loro ospiti e concittadini. Quest’ultimo è il motivo per cui gli ospiti cercano di sedersi nei luoghi più vicini all’ospite. Ed è ciò che Gesù censura. Quando siamo invitati a un banchetto, comportiamoci educatamente e allo stesso tempo astutamente, anche solo per paura del ridicolo. Lascia che l’anfitrione ci mostri qual è il nostro posto.
Gesù invita coloro che lo ascoltano a seguire il suo esempio, in cui rivela com’è fatto Dio: invita gli emarginati e gli esclusi a sedersi a tavola con loro. Trasforma il banchetto in un segno e anticipo del Regno. Perché solo la gratuità, ciò che non cerca un risarcimento, ci rende capaci di accettare il dono della felicità, che è Dio stesso. Sono pronto per la festa dove l’anfitrione è Gesù stesso?

LETTURE: Sir 3,19-21.30-31; Sal 67; Eb 12, 18-19.22-24; Lc 14, 1. 7-14