atc cantiere via arno“Pellegrinaggi e proprietà assenteista.  I pellegrinaggi si fanno in luoghi della memoria o di culto. Quello fatto recentemente ai cantieri  edilizi dell’Atc è stato una grossolana azione di marketing. Per il Sindaco, l’Assessore ai Servizi  Sociali, il Presidente dell’Agenzia Territoriale della casa, poteva essere l’occasione di un bilancio  della politica per la casa popolare, è stato uno stringatissimo elenco di numeri, senza alcun  commento. Come a dire, ecco l’esito è questo, e suscita la nostra preoccupazione. Niente altro.  Rileggiamoli questi numeri:132 sfratti eseguiti nel 2013, 120 emergenze abitative, 609 domande  di casa popolare in graduatoria, una disponibilità futura, senza tempi certi, di 117 alloggi, quelli dei  cantieri ancora aperti. Una fotografia che mostra indubitabilmente, nel rapporto tra offerta e  domanda, un incolmabile bisogno abitativo. Ma quante erano, quante saranno le persone famiglie  che dovranno subire il dramma dello sfratto e condizioni abitative indegne di un paese civile ? Non  è dato sapere.  La fotografia, come forma della comunicazione, non è stata scelta a caso. Serve a descrivere la  situazione come una emergenza, cioè come un fenomeno sotto controllo, di cui si può prevedere  l’esito e la fine. Come a dire, tranquilli, prima o poi una soluzione la troveremo. Marketing,  appunto. Basterebbe qualche fotogramma in più, prima e dopo, per mettere in evidenza che le cose  non stanno così e che i messaggi tranquillizzanti non bastano.  La missione sociale delle Atc è stata compromessa da una legislazione che ha consegnato il  bisogno abitativo al mercato immobiliare. Non c’è alcun segno che questo mercato possa riprendersi  dalle passate intemperanze speculative e dare risposte eque e razionali al bisogno abitativo  insoddisfatto. In quanto alla politica di riduzione del danno, che la giunta e l’Assessore alle politiche  Sociali portano avanti con inutili appelli alla solidarietà, provvedimenti tampone (borse lavoro,  esecuzioni rinviate con indennizzo ai padroni di casa) e transitoria accoglienza, fa da contrappunto  alle sorti di questo mercato. Vale a dire, salva alcune famiglie, disperde il malessere di altre nelle  reti amicali e parentali, ne condanna molte di più alla precarietà o impossibilità del domicilio.  Che fare dunque per uscire dal marketing, dall’inganno dell’emergenza, dai limiti delle politiche  di riduzione del danno ? Per trovare una risposta, potrebbe servire l’inchiesta fatta dalla stessa  giunta, sugli alloggi vuoti e sulle proprietà immobiliari non utilizzate. Sono un mare, come già  sappiamo. Ma di chi sono ? Senza una risposta a questa domanda, senza sapere da chi e come è  stato esercitato il diritto di proprietà, l’inchiesta non serve a nulla, come infatti sta accadendo.  Non si tratta di una omissione casuale. Prendere atto che per decenni tale diritto è stato esercitato  contro i principi costituzionali (art. 41 e 42 della Costituzione), elevato a feticcio intoccabile,  significa mettere in discussione un esercizio che dura tutt’ora, in rapporti “alla pari” tra partito del  mattone e assessorati all’urbanistica (oneri concessori in cambio di diritti edificatori). Significa  distinguere tra banche, assicurazioni, immobiliari e piccola proprietà edilizia al servizio della  famiglia o dell’impresa. Significa distinguere tra avidi percettori di rendita e costruttori di legami  sociali. Significa tutelare questi ultimi e opporre ai primi dei limiti.  Si comprendono allora gli indugi e qualche volta le reazioni puramente ideologiche della giunta.  Mettere in discussione quell’esercizio significa svelare il valore di pratiche di riappropriazione come  quelle messe in atto da quaranta famiglie sfrattate con le occupazioni di Via Allende e di via  Orfanotrofio, proprietà pubbliche, e quelle di Salita al Fortino e di Corso Volta, proprietà di banche  e immobiliari. Significa riconsegnare ai cittadini le loro prerogative, allontanarli dal ruolo di  destinatari passivi di decisioni altrui.  Ma a ben vedere non c’è altra strada. Si decida la giunta, si decida l’Assessore alle Politiche  Sociali, apra un contenzioso con la proprietà assenteista, offra dei comodati d’uso senza rinunciare  alla estrema ratio della requisizione, dia un senso meno filantropico e compassionevole alla sua  politica di riduzione del danno”. Luca Squillia, Samuele Gullino, Carlo Sottile, Giacinto Ratti, Alessandra Marras per  il Coordinamento Asti Est