PALIO DI ASTI 2012 - FINALE“Come ogni anno, si è in attesa per vedere cosa produrrà l’indaffarata macchina del Palio di Asti, una manifestazione che condivido per il suo valore storico-culturale e che rispetto, soprattutto per l’attaccamento che la Città di Asti ha nei confronti di questa tradizione. Il concetto di tradizione fornisce spunti di riflessione e di discussione in modo particolare quando in una manifestazione storico-culturale vengono usati gli animali: nel caso del Palio di Asti i cavalli che, cavalcati da fantini, dopo l’attesa nervosa e irritante della partenza, vengono fatti correre per pochi minuti in una pericolosa e insensata corsa che spontaneamente non farebbero mai. Qualcuno di essi, a fine corsa non ci è mai arrivato, stramazzato al suolo morto o ferito irrimediabilmente. Ho contestato questo genere di spettacolo presso altri comuni e spesso la loro giustificazione è stata quella del rispetto della tradizione storico-culturale a cui si aggiunge il rispetto del lavoro, quindi dell’interesse economico, che c’è dietro questa indaffarata macchina. Quando si parla di lavoro, in tempi di allarmante disoccupazione, se qualcuno contesta questa giustificazione, passa per menefreghista, soprattutto se il lavoro ce l’ha, come nel mio caso. Quindi non mi scaglio contro il diritto al lavoro di tutte le  persone ma a favore dei diritti di tutti gli animali e vorrei che ogni lavoro al mondo non li calpestasse. Gli organizzatori del Palio di Asti mostrano l’orgoglio di portare avanti una tradizione, di riportare in luce gli “antichi valori” e quella socialità che rende più gradevole il vivere civile. Quello che in realtà ha luogo al Palio, limitatamente alla corsa dei cavalli, non ha nulla di civile e tende solo ad annichilire le coscienze: l’ingiustizia praticata nei confronti di vittime indifese non viene colta e l’attenzione dei media e degli organizzatori si concentra sul solito stucchevole alibi della tradizione. La tradizione è ciò che viene trasmesso, come un’eredità, e come accade con ogni eredità, è necessario discernere ciò che di prezioso è da mantenere da ciò che deve essere abbandonato. La tradizione è ciò in cui l’uomo cerca di individuare la propria identità facendola così sopravvivere a sé stesso. Dal verbo latino tradere, derivano sia il temine tradizione che il termine tradimento: nell’atto del tradere, si consegna un ordine precostituito, un sistema preesistente ma nello stesso tempo si abbandona e si tradisce un sistema di precedenti regole o configurazioni a favore della novità. Credo che la consegna e il tradimento debbano saper trovare un punto di incontro. Le tradizioni elaborano i contenuti culturali, conservandone alcuni, modificandone altri, eliminandone altri ancora. L’indignazione, il senso civico, il riconoscimento della sofferenza altrui e degli altrui diritti hanno posto fine a certe tradizioni come spettacoli pubblici con esecuzioni capitali, punizioni corporali, feste sadiche con uccisione di animali umani e non umani, e perfino l’esposizione in gabbie di esemplari di umani come “i pellerossa”, “i negri”, eccetera. L’intento era didascalico e didattico, rispondendo all’esigenza di far conoscere e, con curiosa morbosità, di stupire ma sicuramente il fine non giustificava i mezzi come non lo giustifica quello della corsa dei cavalli nel Palio di Asti che spero un giorno sarà abolita, e insieme a essa tutti gli spettacoli che sfruttano gli animali. Sono appassionata di storia, letteratura, arte e beni culturali quindi sono in prima linea nella difesa di tutto ciò ma sono in prima linea anche nella difesa dei diritti degli animali e se non si riesce a trovare un accordo tra cultura e vita animale, allora tra le due scelgo di difendere gli animali perché sono esseri senzienti (lo dice anche l’articolo 13 del Trattato di Lisbona) e nessun animale va sfruttato e sacrificato in nome di nessuna cultura. E’ vero che il Palio è fatto di tante iniziative ma, spesso si associa il Palio allo sfruttamento dei cavalli, forse perché la corsa dei cavalli è considerata la punta di diamante del Palio. Si potrebbe fare la controprova, togliendo la corsa dei cavalli, e vedere quanti si schiererebbero contro il Palio. Io credo che nessuno lo farebbe, anzi, il pubblico del Palio raddoppierebbe e gli animalisti farebbero così tanta pubblicità da non poter più contenere i partecipanti. Accade così anche per il circo senza animali che il popolo animalista sostiene e pubblicizza con ragione e passione. Asti ha il diritto e l’onore di mantenere la tradizione del Palio ma lo faccia con giornate di studio, convegni, conferenze, proiezioni di film e documentari, mostre, laboratori didattici, giochi, sfilate in costume. Ci sono tante idee stimolanti per onorare una tradizione, anche quella dei loro cavalli, protagonisti dal XIII secolo del Palio, ma teniamoli lontani da quella corsa: quella per loro non è un onore ma un onere.
Molte cose sono cambiate dal XIII secolo e gli organizzatori dovrebbero informarsi che, nel frattempo, gli animali hanno acquisito diritti un tempo loro negati e dovrebbero anche interrogarsi sul modello etico che stanno proponendo ai bambini invitati ad ammirare lo spettacolo: un modello diseducativo perché esalta l’oppressione del più forte a danno del più debole. L’aggravante di questi spettacoli è che diventano un alibi per fare didattica, come quella proposta dal  progetto Le radici del futuro, realizzato e sviluppato dal Collegio dei Rettori del Palio di Asti con il patrocinio del Comune di Asti, la supervisione dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Asti e il supporto del Centro Commerciale I Bricchi di Isola d’Asti: tutti insieme appassionatamente uniti da questa motivazione “far conoscere il Palio, la più importante manifestazione che si svolge nella nostra città, ai più piccoli attraverso un percorso studiato, in grado di illustrare non solo la parte della manifestazione legata alla corsa, quella più spettacolare, ma anche sfumature, sfaccettature ed appuntamenti che fanno parte della “macchina” paliesca, ai quali, a torto, spesso non viene data la giusta rilevanza”. Io direi che “a torto” non viene data giusta rilevanza ai cavalli che dalla corsa sono usciti morti o feriti irrimediabilmente: episodi che, se non vengono evidenziati dalle persone di buon senso (perché non è necessario essere animalisti per difendere gli animali), vengono appena citati dai mezzi di comunicazione, come se la morte di un cavallo provocata dall’uomo fosse un tabù. Non è un tabù ma una vergogna: forse è per quello che si tende a nasconderla. L’esigenza di avvicinare la popolazione più giovane a tale usanza testimonia la crisi che sta attraversando il settore che vive usando i cavalli e soprattutto evidenzia che si vuole difendere una manifestazione, non i cavalli che invece meriterebbero rispetto. 
Credo che il palio, nello specifico della corsa dei cavalli e non delle manifestazioni collaterali, sia uno spettacolo anacronistico e diseducativo, soprattutto per i bambini, per nulla portatore di quei valori necessari per vivere in armonia col mondo animale. Oggi è difeso strenuamente da una cerchia sempre più stretta di persone tanto che alcuni paesi hanno rinunciato alle tradizionali corse di cavalli e di asini, sostituendole con gare di abilità o di velocità disputate dalla popolazione, anche con il coinvolgimento dei bambini. Mi rivolgo alle autorità istituzionali, politiche, scolastiche e aggiungo quelle religiose che spesso si prestano a benedire fantini e/o animali prima della corsa, ma soprattutto mi rivolgo alle famiglie con bambini, chiedendo loro di non approvare una simile iniziativa per la valenza negativa del suo messaggio: considero ogni spettacolo di sfruttamento animale uno spettacolo vietato ai minori perché offre loro una visone distorta della natura. In un mondo di valori spesso capovolti, lasciamo almeno che la natura faccia il suo corso liberamente, senza l’intervento peggiorativo dell’uomo Sul sito web del Comune Asti ho letto le deleghe attribuite agli Assessori e ho visto che la dicitura Politiche per gli animali o Tutela animali o Welfare animale (espressione particolarmente di moda) non compare tra le deleghe di alcun Assessore. Immagino che gli animali siano compresi nella delega Ambiente perché ho visto che la protezione animali è una delle competenze del servizio ambiente. Invito il Comune a  valutare l’inserimento della parola “animali” tra le deleghe degli Assessori del Comune: le parole sono importanti e quella è una parolina di sette letterine che darebbe un valore aggiunto alle politiche del Comune. Non vorrei che la scarsa attenzione a quella parolina nascondesse uno scarso interesse per gli animali: voglio essere fiduciosa del contrario. Nell’elenco dei regolamenti del Comune, non compare il Regolamento tutela e benessere degli animali: deduco che il Comune ne sia sprovvisto e colgo l’occasione per invitare il Comune a stenderne uno. Se ne fosse già provvisto, chiedo di informarmi ed eventualmente inviarmelo o segnalarmelo sul sito. Invito l’Assessore Alberto Pasta che ha tra le sue deleghe quella al Palio e quella all’Ambiente (quindi animali) a pensare alla tutela di tutti gli animali, compresi i cavalli che corrono al Palio mettendo a rischio la propria vita per una discutibile tradizione. Invito l’Assessore Massimo Cotto, con delega alla Cultura e alle Manifestazioni, a riflettere sul valore culturale della corsa dei cavalli: non può essere culturale uno spettacolo che sfrutta gli animali e ne mette a rischio la vita. Invito l’Assessore Andrea Cerrato con delega al Turismo, a incentivare un turismo etico, senza sfruttamento di alcun essere senziente, soprattutto in virtù del fatto che si è reso promotore del progetto Albergo etico che conosco e che ritengo meritevole di attenzione. Invito le istituzioni a riflettere e a cercare un dialogo con le associazioni e i gruppi animalisti e antispecisti per trovare una soluzione che non tolga nulla al valore del Palio e che restituisca ai cavalli la loro libertà di non correre. Cordiali saluti”. Paola Re