I Comuni piemontesi non devono avere timori per la copertura delle spese finora sostenute per le operazioni burocratiche inerenti il referendum sulla caccia, che non avrà più luogo a seguito del decreto emanato ieri dal presidente Roberto Cota: saranno tutte a carico della Regione.
L’11 aprile scorso la Giunta regionale aveva approvato, su iniziativa dell’assessore agli Enti locali, Elena Maccanti, una delibera che affidava alla Regione l’assunzione diretta della responsabilità gestionale e dei costi della consultazione. Le modalità per la presentazione delle richieste di rimborso erano state precisate in una circolare del 12 aprile indirizzata ai prefetti e ai sindaci del Piemonte.
Nei prossimi giorni sarà predisposta e quindi approvata dalla Giunta regionale una delibera che dettaglierà la procedura per la rendicontazione delle spese e la successiva restituzione ai Comuni.

“Si conclude così il percorso, durato oltre vent’anni, che avrebbe dovuto portare al voto i Piemontesi per il Referendum Regionale di Regolamentazione della Caccia: il Presidente Roberto Cota ha firmato oggi il Decreto con il quale si annulla definitivamente la convocazione referendaria” si legge in una nota diffusa dal Gruppo Consiliare Regionale MoVimento 5 Stelle.

“Ieri il Presidente della Regione ha ricevuto il parere della Commissione di Garanzia sul destino del Referendum. La Commissione, presieduta da un noto cacciatore quale Claudio Simonelli, ha affermato che l’abrogazione della Legge Regionale sulla caccia su cui si fondava il referendum è ammissibile in quanto accompagnata da una serie di regolamenti che riempiono i vuoti normativi prodotti.
Nel parere, poi, si cita anche la motivazione istituzionale dell’annullamento del Referendum: “risparmio di oltre 20 milioni di euro in un periodo economicamente delicatissimo,  risorse che potranno essere destinate al settore sociale”. Oltre al parere della Commissione di Garanzia ne è stato prodotto un altro, redatto e firmato da Gian Mario Giolito (Componente della Commissione),  in totale disaccordo con quanto votato dalla maggioranza, che non considera sufficiente inserire un emendamento in Finanziaria per introdurre delle norme aggiuntive indispensabili per essere nei termini di legge. In generale, riporta le motivazioni che già allora erano state mosse dal Comitato referendario contro la Caccia. Ovviamente quest’ultimo parere non è mai arrivato nelle mani del Presidente Cota. Dal momento che si è fatto credere ai Piemontesi che questo stupro della democrazia e della sovranità popolare serva per appianare i debiti e risparmiare denaro pubblico in un momento di crisi come quello attuale (e nei 20 anni precedenti che problemi c’erano?), staremo più attenti a ogni euro che la Giunta sperpererà. Nel frattempo attendiamo la manifestazione nazionale del 3 giugno a Torino, che da anti-caccia diventerà pro-democrazia. Chiederemo che il prossimo anno si tenga regolarmente il referendum scippato, in contemporanea con le elezioni politiche”.