Sarà discussa domani sera in consiglio comunale la pratica relativa alla donazione della collezione di arazzi realizzati da Ugo Scassa al Comune di Asti. La storia – A partire dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso ad Asti si è sviluppato un fenomeno straordinario: un geometra appassionato d’arte ha abbandonato la professione (all’epoca lucrosa) della costruzioione di palazzine, ha aperto a Torino una galleria ed è entrato in contatto e sintonia con i più grandi pittori italiani viventi. Lavorando al fianco di Cagli, Max Ernst, Spazzapan, Mastroianni, Guttuso ha intrapreso una strada mai percorsa prima, consistente nell’applicare l’antica arte della tessitura degli arazzi alle immagini dell’arte contemporanea. Un’attività che richiede uno sforzo sovrumano, perché comporta la creazione delle sfumature di colore che richiedono l’uso di migliaia di fili di lana di colore diverso intrecciati manualmente, ben diversa e molto più complessa di quella usata dagli arazzieri francesi abituati a tessere figure stilizzate con campiure di colore omogenee accostate tra loro. Nel momento dell’apice della navigazione transoceanica l’astigiano Scassa confeziona gli arazzi che arredano la nave Leonardo da Vinci, l’ammiraglia della flotta italiana, e le navi Raffaello e Michelangelo. I più grandi architetti, come Ettore Sottsas o Renzo Piano, commissionano gli arazzi che Scassa realizza nel laboratorio che nel frattempo ha aperto nella Città di Asti, ormai frequentato dagli esponenti più importanti delle arti non solo figurative (alcune foto ritraggono la visita di Ungaretti). Gli arazzi dell’artista astigiano vengono acquisiti dai più importanti musei del mondo e se ne trovano oggi esposti tra l’altro nei Musei Vaticani, nel Mobilier National di Parigi, nel Museo d’Arte Moderna di Roma; nel Museo d’Arte Moderna di Firenze; nella Sala di Presidenza del Senato della Repubblica Italiana;nell’aula della Corte d’Appello di Roma, nella Fondazione per le ricerche antropologiche “Wenner-Gen Foundation” di New York, nel Salone dei Trecento dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino, etc. Scassa ha conservato, in una sua collezione personale, quarantadue di queste opere: grandissimi arazzi su cartoni, tra gli altri, di Capogrossi, De Chirico, Mirò, che costituiscono un unicum senza pari al mondo, che racchiude una testimonianza dell’arte del ‘900 e di una tecnica, quella della tessitura ad alto liccio, sostanzialmente destinata a scomparire con Scassa. La donazione alla città – “Ora – dice il sindaco Brignolo – la città di Asti ha la possibilità di ricevere in donazione questa collezione e deve quindi decidere se questa collezione merita di essere accettata ed esposta in uno degli scenari più belli e solenni di cui dispone, oppure se merita di essere rifiutata e lasciata disperdere. Questa è l’unica vera domanda. Tutto il resto è assolutamente marginale e irrilevante. Poiché sarebbe un delitto disperdere questo patrimonio, dobbiamo collocarlo in uno dei luoghi più belli che abbiamo e invitare il mondo a venirlo a vedere, con lo stesso orgoglio con cui invitiamo il mondo in piazza Cattedrale ad ascoltare Paolo Conte o a leggere i libri del nostro concittadino Giorgio Faletti.  Il “miracolo” del mjuseo “in economia”. Dobbiamo anche dare atto del fatto che la creazione del museo è un piccolo “miracolo” amministrativo in un’epoca in cui i comuni non hanno soldi: l’amministrazione ha infatti approfittato del progetto Pisu, realizzato con fondi europei che prevedeva la ristrutturazione di questi spazi, destinati genericamente a “attività culturali ed espositive”; ha recuperato per gli allestimenti tutte le strutture (pannelli, luci, telecamere di videosorveglianza) a suo tempo acquistati dalla Provincia di Asti allorché aveva allestito il museo alla Certosa, la Fondazione Cassa di Risparmio ha invece finanziato la fase di transizione e lo stesso Ugo Scassa pagherà invece di tasca propria trasloco e montaggio del museo”.