“Nella tarda mattinata di domenica 8 febbraio l’aereo della compagnia di bandiera turca rulla sulla pista genovese del Cristoforo Colombo con direzione Gibuti raggiunta in prima mattina il giorno successivo. Siamo in tre: Lucio Zannini, primario cardiochirurgico al Gaslini di Genova, Piero Riccio, geometra in pensione e io Pier Luigi, cardiologo. Ad accoglierci i militari francesi e tedeschi  di stanza a Gibuti, quelli italiani li abbiamo incontrati per strada. Come ogni città africana,Gibuti è brulicante di gente già all’alba, mi fa ricordare lontanamente quella perla di città un po’ decadente e classicheggiante che è Massaua in Eritrea. Molti gli edifici coloniali in stile francese, il porto è ampio ed attivo e la città brulica di militari ad ogni ora. Sosta per un giorno dal vescovo italiano monsignor Bertino che ci riserva un’ottima accoglienza. Le sorprese amare non tardano. Al porto la dogana etiope ci fa sapere che l’ambulanza imbarcata a Genova sulla nave Cristallo della Messina con destinazione Gibuti e che avremmo dovuto sdoganare per portare all’ospedale pubblico di Debrè Birhan in Etiopia ed arrivata puntualmente non ci viene consegnata per strani motivi che ancora ora non capisco: quando le pratiche di sdoganamento saranno ultimate lo stesso personale dell’ospedale verrà a prendersela. Avevo tutti  i documenti  in originale richiesti dall’ambasciata etiope a Roma compresa l’esenzione del dazio ma è proprio quest’ultimo il punto dolente. Qui le tasse doganali sono altissime, mi dicono per esempio che lasciare un solo giorno l’ambulanza al porto richiede un pagamento di circa 100 euro. Sulla nave avevo caricato un ecocardiografo, due defibrillatori, diverso materiale monouso per sala operatoria, materiale scolastico, oltre 80 paia di scarpe nuove per il centro di recupero dei ragazzi di strada dei salesiani di Addis Abeba e le solite bottiglie di vino da omaggiare. Il nostro console onorario a Gibuti Rizzo, avvertito da Mistretta ambasciatore in Etiopia, è una  persona che ci rappresenta in modo eccellente, vive lì da oltre 20 anni e cerca di spiegarci le mille leggi feudali della dogana etiope. Riesco anche a parlare per telefono con il presidente del consiglio etiope che mi ringrazia assicurandomi  il suo interessamento. Visitiamo un ospedale gestito da pochi ma ottimi medici italiani fra i quali il mitico Carlo; in serata partiamo con un pulmino sgangherato per la frontiera con l’Etiopia, siamo pigiati come acciughe e non volendo mettere lo zaino sul portabagagli preferiamo tenerlo sulle ginocchia per tutto il viaggio. Piero vuole ripartire il mattino dopo ma non è possibile perché i pulmann partono tutti la sera per evitare il caldo soffocante. Viaggio allucinante anche perché l’autista sembra molto eccitato, masticando continuamente le foglie di una pianta stimolante (Ciat) e guardando raramente la strada. In alcuni punti sembra che faccia le corse con un altro collega e la cosa ci stressa non poco anche perché è ormai buio. Arriviamo verso l’una di notte vicino alla frontiera, non c’è nessun riparo e ci sdraiamo in tre su una rete guardando le mille scintillanti grandi stelle e cercando di ripararci alla meglio per il freddo pungente. Partenza alle 5, passaggio delle frontiere ed entrata in Etiopia. Piero come sempre si incaponisce perché vuole prendere il treno che invece ci è stato sconsigliato perché troppo pericoloso per attentati, va pianissimo poco oltre i 30 km. Sovente si ferma per rotture di pezzi, siamo vicino alla frontiera con la Somalia e non voglio assolutamente correre rischi di sicurezza anche se Piero continua a sbraitare per ogni piccolo problema. Saliamo sull’unico autobus per Dirhe Dawa, 180 km infernali su un mezzo degli anni cinquanta che risale una lunghissima pista ciottolosa  che ci regala polvere a gogò, incontriamo anche alcune famiglie di scimpazè lungo la strada. Dopo circa 10 ore arriviamo a destinazione, la cinepresa si è bloccata per la polvere, gli amici sono un po’ risollevati ma qualcuno ha scommesso che fra poco arriverà anche il treno di cui però non c’è alcuna traccia neppure il giorno dopo. Il mattino successivo prima dell’alba si riparte per la capitale Addis Abeba. Piero dimentica i documenti in albergo, ritorniamo di corsa ma l’hotel  a quell’ora è ancora chiuso poi per fortuna il guardiano ci apre. L’autobus sembra più bello e funzionante, è zeppo di gente specie giovani e donne con bambini. Il paesaggio che attraversiamo è molto bello, sembrano le nostre belle colline del Monferrato o delle Langhe anche se siamo oltre i 2500 metri di altezza, temperatura ottimale, tempo splendido, ci viene anche servita  la colazione sul pullman. Dopo alcune ore lo scoppio di una gomma ci costringe a fermarci ma grazie all’ingegnosità dell’autista si riparte sostituita la gomma con un’altra  completamente liscia. L’Etiopia indubbiamente ci ammalia con i suoi spettacolari panorami mozzafiato, è molto verde, c’è abbondanza di acqua e la gente nonostante tutto sembra serena con sguardo dolcissimo. Verso il tardo pomeriggio arriviamo ad Addis Abeba, telefoniamo a don Mario che ci viene a prendere rispettando rigorosamente i tempi africani. La città non mi entusiasma molto anche se invece Lucio che l’ha potuta poi visitare meglio di me assicura che è bella ed interessante pur essendo fondata da appena 120 anni. La missione salesiana ci accoglie come sempre con simpatia e conosciamo per un caso fortuito  il rettor maggiore (alla guida di tutti i salesiani del mondo) arrivato da Roma per una delle consuete visite. Anche Piero e Lucio rimangono affascinati dalle molteplici attività che i salesiani svolgono, scuole professionali e non, centri di recupero per bambini di strada, per ragazze madri, per prostitute, appoggio  a chi non ha un lavoro ecc. E poi dicono che i missionari sono colonialisti! Bah! Lucio decide di adottare a distanza un bellissimo bambino, Padre Cesare, il decano con autentico spirito salesiano la sera ci invita ad una festicciola per l’onomastico di un confratello,c’è allegria ed apre anche una buona bottiglia di prosecco. La sera successiva c’è la ormai consueta diretta con radio Veronica di Torino grazie a mio fratello Gian Carlo che nonostante i suoi recenti problemi di salute riesce a realizzare. Grazie! Fa piacere sentire anche da lì un pezzo della nostra Italia che ci segue nei viaggi. Il tempo stringe ripartiamo alla volta del Sudan sempre via terra. Un ottimo pulmann ci porta verso la frontiera con il Sudan che raggiungiamo dopo le soste sul lago Tana ricco di bei monasteri ortodossi risalenti agli anni 1200-1300. Altra sosta a Gonder, antica capitale etiope e che racchiude castelli incantati dal suggestivo fascino rinascimentale, non sembra neppure di essere in Africa! A ragione è stata chiamata la Camelot africana, io l’avrei chiamata la Valle d’Aosta africana per i suoi mille manieri. L’impronta italiana la si ritrova nei ristoranti perchè tanti menù sono identici ai nostri; come si fa a non gustare un ottimo caffè bollente o un delizioso caffelatte seduti ad un bar stile bella epoque?Ad Addis Abeba capitale dell’Etiopia Melloni capo della Cooperazione italiana presso l’ambasciata che ha sede in una bellissima villa (Villa Italia) in collina regalata tanti anni fa all’Italia ci ha aiutati moltissimo grazie all’intercessione dell’Ambasciatore Mistretta che purtroppo in quei giorni non era in sede. L’associazione governativa “Amhara development”che gestisce la sanità in Etiopia e che ha preso in carico l’ambulanza ci ha assicurato che avrebbe consegnato il mezzo e tutto il materiale sanitario all’ospedale pubblico di Debrè Birhan tenendoci sempre al corrente della cosa. Ancora oggi ho ricevuto un’e-mail da Melloni che mi informava che le pratiche erano quasi concluse. Lucio e Piero insistono di partire per il Sudan nelle prime ore del mattino con un minibus il cui autista l’abbiamo incontrato per strada la sera precedente. Cerco di mantenermi calmo, non sono per niente sicuro che questa persona riesca a racimolare il numero di persone sufficienti per andare alla frontiera con il Sudan, né che lui ci vada veramente, l’appuntamento è alle 4,30 del mattino seguente, ci sono da coprire oltre 220 km, poi dovremo passare le due frontiere, trovare la persona in dogana che era partita da Khartoum il giorno precedente e che ci dovrebbe portare nella stessa città dopo oltre 570 km e vari check-control. Mi sorge anche il dubbio che si possa essere intascato i soldi anche perché di lui abbiamo solo il numero del cellulare. Alle 4,30 non si vede nessuno, alle 5 e alle 5,15 neppure, Lucio sente il mio fiato sul collo, dopo ¾ d’ora di attesa finalmente l’autista arriva e carica il pulmino all’inverosimile, partenza alle 6,15 con arrivo puntuale in dogana. Alla frontiera con il Sudan puntualissimo troviamo Mortada l’ottimo autista  dell’agenzia di Milano Maurizio Levi che con un pick-up ci porta a Khartoum aiutandoci molto nel disbrigo delle pratiche doganali. Lo zaino non ci viene neppure controllato. Di tutti i viaggi forse questo è stato il meno pesante. Arrivati in città ci aspetta un’altra sorpresa: il salesiano don Jim Comino che doveva ospitarci era in Italia per motivi di salute,il suo sostituto simpatico prete milanese di circa 90 anni ci ha accolto per salutarci ma essendo solo e quasi completamente cieco abbiamo pensato di pernottare in hotel. Nei giorni trascorsi a Khartoum abbiamo anche fatto visita al centro cardiochirurgico Salaam di Gino Strada dove ci hanno invitato ad assistere ad un intervento al cuore, dopo la simpatica visita all’ambasciata italiana rivedendo vecchi amici fra i quali La Frattina, siamo stati ospitati a pranzo dalla Cooperazione italiana guidata dall’inossidabile “Vecio” Bortolan che tanto bene sta facendo in Sudan specie nella zona sud est. Dopo tante visite ad ospedali e centri sociali ci siamo rilassati visitando il bellissimo sito archeologico di Meroe circa 170 Km a nord est di Khartoum. E’ una zona meravigliosa, protetta dalle dune del deserto, dopo un’oretta di pista, sotto un implacabile sole si è dischiusa ai nostri occhi un’area archeologica stupenda completamente nascosta dalle sabbie e recentemente portata alla luce. Risale a circa 500 anni prima di Cristo e conserva ancora piramidi  con numerose iscrizioni egiziane. Le cosiddette  piramidi “nere” sono molto più piccole di quelle egiziane ma pur sempre belle ed eleganti incastonate fra la sabbia rovente. Ad oltre un km di distanza è sorto un piccolo villaggio di tende moderne che si inserisce bene nell’ambiente. Interessante ad Ondurman, città aggregata a Khartoum la tomba dell’eroe nazionale nella guerra contro gli inglesi il mitico Madhi. In serata ultimo collegamento con la radio di Torino e quindi partenza per l’Italia. Cerchiamo di rientrare in albergo con un raro tuc-tuc (ape adibiti a taxi) è ormai notte, non si trova un taxi auto, l’autista come sempre non conosce l’indirizzo dell’albergo, sembra agitato, non  si accorge di una grossa buca dell’asfalto ed a causa della forte velocità l’ape sta per capovolgersi ma lui prontamente evita il ribaltamento con una brusca sterzata che ci sposta completamente nell’altra corsia, un’ automobile con gli abbaglianti accesi ci sta per piombare addosso, in un attimo non pensiamo più a nulla, ci buttiamo di corsa fuori dall’ape che finisce la sua folle corsa contro il bordo della carreggiata mentre noi per fortuna rotoliamo sul marciapiede ma indenni, ci assale la paura che poi più tardi nel letto lentamente stenterà a svanire. Il ragazzo ci corre incontro perché vuole essere pagato, gli urliamo qualche imprecazione, lui non desiste, alla fine consiglio Lucio di dargli la cifra pattuita perché nel frattempo si è radunata un po’ di gente e non è prudente discutere in quel posto. Più tardi trovo un taxi auto che ci riporta in hotel. Stefania  nel collegamento radio mi aveva chiesto cosa porto a casa dell’Africa; mi sono dimenticato di dirle che oltre ai dolci occhi dei bambini mi porto dietro un nuovo senso di sobrietà  che cercherò di avere nel comportamento. Devo ringraziare tante persone che ci hanno aiutato. In primis Lucio e sua moglie Daniela, Piero ormai veterano per questi viaggi, la farmacia Taddei di San Marzano Oliveto, l’ortopedia Bonini di Nizza, la Croce Verde di Nizza Monferrato con il presidente Piero Bottero che ha donato l’ambulanza, la Messina spedizioni di Genova nella persona dei signori Ficarra e Roberto Merello sempre molto attivi, il console onorario italiano a Gibuti Rizzo, l’ambasciatore italiano ad Addis Abeba Mistretta, il direttore della Cooperazione italiana in Etiopia Melloni, e quello della Cooperazione italiana in Sudan Bortolan, La Frattina dell’ambasciata italiana a Khartoum, monsignor Bertino vescovo a Gibuti, don Mario Robustellini dei salesiani di Addis Abeba, mio fratello Gian Carlo e Stefania per le dirette di radio Veronica, mia moglie Ivana che ho stressato nella lunga preparazione, Beppe Conti di Asti, il presidente associazione alpini di Asti Adriano Blengio, Carla dell’agenzia viaggi Levi, Isabel Santi che ha deciso con il futuro marito di devolvere l’equivalente delle bomboniere delle nozze al Cis, Lello di Brescia, Beppe Bocchino per il vino, Massimo Bedino della ditta ecografi Viglia di Torino e tante altre persone che ci hanno aiutato per il viaggio,in particolare tutti i giornalisti che hanno pubblicato articoli cui va il mio grande grazie. In questo mese di marzo sono riuscito a fare arrivare in Italia per intervento al cuore Elisabeth bambina di 13 anni proveniente dal Senegal  e Gueoue bambino dodicenne della Costa d’Avorio,saranno operati dal dottor Santoro dell’equipe del professor Zannini al Gaslini. Tutte le spese sono a carico della onlus di Aosta Ana Moise e del Cis di Canelli. Venerdì  mattina 27 Marzo l’aereo atterra a Genova i bagagli sono più carichi della partenza,anche il nostro cuore è carico di tante emozioni, ci rimarrà senz’altro una profonda impressione di aver visto tante persone fare delle fatiche immense anche solo per bere un po’ di acqua mentre la cosa a noi costa solamente un breve gesto della mano senza neppure uscire di casa. Chi volesse aiutarci può utilizzare l’Iban : IT56S0503447300000000020452” Pier Luigi Bertola, presidente onlus Cis