crocieraUn viaggio in crociera, il primo, per festeggiare un’occasione importante e che ha rischiato di trasformarsi in un incubo senza ritorno. Irene Nicastro, 36 anni, cassiera all’Esselunga di corso Torino era sulla nave Msc Splendida che assieme alla Costa Fascinosa è approdata al porto di Tunisi il 18 marzo, giorno in cui un gruppo di terroristi ha assaltato il museo del Bardo, uccidendo 23 persone, fra cui quattro italiane, e ferendone una cinquantina. Irene era in vacanza con il figlioletto Yarin di 8 anni e la mamma, per festeggiare i suoi 60 anni. Un viaggio nato per caso, così come per caso è riuscita a sfuggire a un destino segnato, quello dei nove passeggeri della Msc, tutti stranieri, vittime dell’attentato.  “In pochi in Italia hanno parlato della nostra nave, concentrando l’attenzione solo sulla Costa Fascinosa (sulla quale viaggiavano i quattro turisti piemontesi morti) perché non ci sono state vittime italiane – racconta Irene – ma a bordo c’erano oltre 3000 persone che comunque hanno avuto paura, che si sono sentite in trappola”. A bordo c’era anche lei, scampata per un soffio alla strage e che di quei terribili istanti ha un ricordo nitido. “Mi trovavo in una zona centrale di Tunisi lontana rispetto al museo e non ho sentito le esplosioni e gli spari. Ho visto soltanto passare delle ambulanze però ho capito che era successo qualcosa, l’aria era strana”. Il viaggio era cominciato domenica 15 marzo; la Msc  Splendida era salpata da Genova, con una rotta stabilita che toccava Civitavecchia,  Palermo, Tunisi, Barcellona e Marsiglia. “E’ stato una casualità se ho deciso di partire. La crociera era infatti il regalo che mia sorella ed io abbiamo fatto per il compleanno di nostra madre. Io  non avevo previsto di andare; poi ho saputo di avere ferie arretrare da scontare, così ho deciso di partire e, approfittando delle promozioni ho portato anche mio figlio”. Una partenza “improvvisata” quindi. “L’unica mia preoccupazione era quella di soffrire il mal di mare”, racconta Irene, invece quel viaggio le ha riservato ben altri pensieri. Un dubbio, non un presentimento, però lo ha avuto. “Per scrupolo ho chiesto all’agenzia di viaggi se  Tunisi era a rischio attentati, ma sono stata rassicurata”. Nessuno quindi aveva sentore di quello che da lì a breve sarebbe successo. Ma ancora una volta il caso, o il destino come lo chiama Irene, ha salvato lei e la sua famiglia. “Mercoledì 18 marzo eravamo a Tunisi, il primo giorno di sole dell’intero viaggio. In previsione c’era l’idea di partecipare all’escursione guidata proposta dalla Msc proprio al museo del Bardo.  In realtà poi abbiamo incontrato un amico siciliano che vive a Tunisi che ci è venuto a prendere al porto del la Goulette per farci fare un giro in città”. Una mattinata trascorsa nel suq di Sidi Bou Said, tipico mercato tunisino, poi una sosta per il pranzo in un ristorante del centro, in avenue Bourguiba con il progetto nel primo pomeriggio di andare a visitare il Bardo. Ed è stato proprio in quel momento, al ristorante, che l’amico di Irene ha cominciato a ricevere numerose telefonate. “Lui parlava in francese e io che ho studiato lingue capivo cosa diceva ma non potendo ascoltare gli altri interlocutori ho avuto solo la percezione che fosse successo qualcosa  – continua la donna -. Pensavo però a dei problemi sul lavoro, mai avrei immaginato un attentato”. La situazione è diventata ancora più strana quando il suo telefono ha cominciato a squillare, con chiamate dall’Italia. “Il mio compagno mi ha telefonato più volte così come altri parenti e amici ma io non immaginando nulla di quello che invece stava succedendo non ho risposto”. Da casa dove la notizia era già stata diffusa da tv e siti internet, volevano sapere se stavano bene, se erano vivi. Loro che invece erano a Tunisi non sapevano ancora niente. Alla fine è stato proprio l’amico italiano a spiegare cosa era successo al Bardo. “Al telefono gli dicevano di portarci via da lì” spiega ancora Irene e lui (l’amico) ci ha riaccompagnati al porto”. La sensazione che ha provato la giovane madre è stata quella di panico, di una paura sorda. Immediatamente il pensiero è corso ai suoi familiari rimasti in Italia e ha provato a rassicurarli con una breve telefonata. “Siamo vivi” solo due parole per interrompere un incubo.  Solamente arrivati in cabina la giovane donna ha potuto capire realmente cosa era accaduto. “Sulla nave tutto era tranquillo, nessuno ci ha spiegato nulla io l’ho saputo dalla televisione italiana”. 

 L‘articolo completo sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 27 marzo 2015.