cimitero monaleSpesso dove non arrivano le leggi arriva la solidarietà. La storia di Giuseppe, l’uomo rimasto per oltre 20 giorni in una cella della camera mortuaria dell’ospedale Massaia, in attesa di un funerale, ne è la prova. Sono stati gli amici e gli operatori che lo hanno seguito nella sua sfortunata vita a raccogliere i soldi per pagare il suo ultimo viaggio e finalmente lunedì scorso sono state celebrate le esequie e Giuseppe ha trovato pace nel cimitero di Monale, vicino alla comunità “Insieme al margine”, sua casa negli ultimi 13 anni. Avrà una lapide dove chi gli ha voluto bene potrà portargli un fiore e forse la sua odissea da vivo e da morto potrà servire a cambiare le cose. Potrà servire a sovvertire le leggi che in un Paese come l’Italia sono troppo spesso aggirate dai più forti e inespugnabili e ferree per i più deboli. Lo dimostrano le tre settimane trascorse dalla morte di Giuseppe, 64 anni, stroncato da una emorragia cerebrale tre settimane prime del giorno in cui si sono svolti i funerali. Un periodo lunghissimo nel quale la salma è rimasta chiusa in una cella frigorifera della camera mortuaria in attesa che qualcuno riuscisse a pagare la sepoltura. Giuseppe, classe 1950, originario di Feletto Canavese, orfano entrato e uscito da strutture psichiatriche per tutta la vita, non aveva di certo problemi economici. Grazie al sussidio di solidarietà, una piccola pensione di accompagnamento, negli anni era riuscito a mettersi da parte circa 63 mila euro. Denaro però bloccato e sul quale gli operatori della comunità non sono riusciti a mettere le mani. “Le pratiche per nominare l’amministratore di sostegno erano in corso quando l’uomo è improvvisamente scomparso – racconta il consigliere Mariangela Cotto che ha portato il caso in consiglio comunale -. Non avendo parenti prossimi non c’era quindi la possibilità di usare il suo denaro per pagare il funerale”. In nessun modo i gestori della comunità sono riusciti a recuperare i 1800 euro che servivano per una sepoltura nella terra, meno onerosa rispetto al loculo. Impossibile anche anticipare la somma e impossibile persino il funerale di povertà. Giuseppe povero non era e quindi il Comune è stato costretto a dire no. Così gli operatori hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e non potendo aggirare le leggi, hanno deciso di agire in prima persona, facendo una colletta e racimolando la somma che è servita a dare l’ultimo, degno, saluto a Giuseppe. La sua piccola fortuna invece andrà allo Stato. “Sarebbe utile riflettere su questa vicenda e trarne degli insegnamenti – è il commento amaro del consigliere -. E’ necessario cambiare la legge e dare la possibilità alle banche di anticipare i soldi delle esequie in caso di persone senza tutori e parenti prossimi”. Dalla Cotto anche la proposta che queste eredità non vadano a rimpinguare le casse di uno Stato disattento a riguardo ma che invece vengano destinate ai Comuni. Ma Giuseppe non è solo una storia triste, della quale indignarsi. Giuseppe è stato un uomo, sfortunato forse, ma capace di lasciare una traccia profonda in chi l’ha conosciuto. Come nell’educatrice della Comunità di cui era ospite che lunedì, al termine dell’agognato funerale, lo ha voluto salutare leggendo una commovente lettera. “Grazie a Giuseppe che in un giorno qualunque sentendo la musica provenire da una radio lasciata accesa mi ha invitato a ballare, io che sono una di quelle persone che non balla, punto e basta. Grazie a quella richiesta accettata e inaspettatamente trovata piacevole e divertente, ho imparato a godermi l’attimo, le piccole cose che rendono la vita degna di essere vissuta”.