L’agricoltura italiana sviluppa una filiera agroalimentare allargata, che origina un fatturato aggregato pari a oltre 600 miliardi di euro (nel 2023), messa a rischio dalle folli politiche dell’Unione Europea.

E’ quanto emerge da un’analisi Coldiretti diffusa in occasione della prima mobilitazione organizzata a Bruxelles, con gli agricoltori provenienti da tutt’Europa, durante il Vertice straordinario dell’Ue, per trasformare le proteste in risultati concreti.

Numerosi gli striscioni e i cartelli che riprendono a caratteri cubitali la protesta: “Stop alle follie dell’Europa”, “Basta terreni incolti!”, “Scendete dal pero”, “Stop import sleale”, “Prezzi giusti per gli agricoltori”, “No Farmers no Food”, “Cibo sintetico, i cittadini europei non sono cavie”, “Mungiamo le mucche non gli allevatori”. 

Questa, “non è l’Europa che vogliamo” si legge nei documenti di mobilitazione in mano al Presidente della Coldiretti Ettore Prandini accanto al tavolo allestito per far vedere le follie dell’Europa a tavola.

A rischio è una filiera nazionale che vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori impegnati in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio” ricorda il Presidente Coldiretti Asti Monica Monticone. “Una rete diffusa lungo tutto il territorio che, quotidianamente, rifornisce i consumatori italiani ai quali i prodotti alimentari mai sono mancati nonostante pandemia e guerre”.

Le esportazioni agroalimentari Made in Italy, nel 2023, hanno raggiunto il record di 64 miliardi di euro, con un balzo del 6% (proiezioni Coldiretti sui dati Istat). Il Bel Paese è infatti il primo produttore Ue di riso, grano duro e di molte verdure e ortaggi tipici della Dieta Mediterranea come: pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. Anche la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.

I cibi e le bevande straniere risultano fuori (oltre 10 volte) dalle soglie di sicurezza garantite dal Made in Italy, riportando residui chimici irregolari sui prodotti agroalimentari oltre i limiti di legge. Infatti, nei prodotti di importazione è stato rilevato il 6,4% di residui rispetto alla media dello 0,6% dei campioni di origine nazionale (Rapporto pubblicato da Efsa nel 2023 relativo ai residui di pesticidi).

“L’agricoltura interessa più della metà della superficie nazionale; per difendere l’ambiente, dunque, l’Italia deve proteggere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile, con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne” aggiunge la Monticone.

Non sono accettabili misure che mettano ulteriormente a rischio il patrimonio di biodiversità italiano, in parte già provato dalla cementificazione e dell’abbandono (riduzione di un terzo dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo, corrispondente ad un residuo coltivato di appena 12,8 milioni di ettari), con conseguenze anche in termini di tenuta idrogeologica del territorio, di deficit produttivo del Paese e di dipendenza agroalimentare dall’estero” chiosa il Direttore Coldiretti Asti Diego Furia.