Irene Biemmi, ricercatrice di pedagogia generale e sociale presso l’Università di Firenze ed esperta di questioni di genere in ambito educativo, sarà ad Asti due giorni per il corso di formazione “Educare liberi da stereotipi. Proposte per promuovere la parità di genere fin dall’infanzia”. Un percorso strutturato in tre seminari, utile per approfondire i temi legati alla costruzione dell’identità di genere. Si svolgeranno a partire da domani, venerdì 19 gennaio, al polo universitario Astiss dalle 14.30 alle 17.30 e domani dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30. Inoltre venerdì sera alle 20.45 Irene Biemmi sarà ospite della biblioteca astense per l’ulteriore incontro “Educare ed educarsi a vivere in un mondo sessuato” organizzato dall’associazione Genitori insieme onlus in collaborazione con la Biblioteca astense “G.Faletti”, l’istituto Alfieri, il liceo Monti, Unicef Asti e il Nodo contro le discriminazioni del Comune di Asti. Irene Biemmi è autrice insieme a Barbara Matelli di “Pedagogia di genere – Educare ed educarsi a vivere in un mondo sessuato” edito da Mondadori, primo manuale scritto in Italia sui temi della pedagogia di genere. 

Che cosa significa occuparsi di questioni di genere, oggi?

“Quando in Italia si parla di questioni di genere si dà per scontato che riguardino solo le donne, questo a causa di stereotipi, di pregiudizi, di condizionamenti che vengono incamerati fin dall’infanzia. Va detto che in Italia il libro che ha fatto da apripista agli studi di genere è del 1973 e si intitola “Dalla parte delle bambine”: solo il nome ci fa capire che quando si è iniziato a parlare di parità e uguaglianza effettivamente ci si rivolgeva soprattutto alle bambine perché era soprattutto il genere femminile, e questa cosa è vera ancora oggi, quello maggiormente deprivato a livello sociale e impedito in tutta una serie di ruoli sociali, professionali e così via. Questo non significa però che si possa tralasciare il genere maschile perché anche i maschi sono fortemente condizionati da stereotipi che sono da impedimento a un corretto sviluppo dell’identità personale. Genere è un termine duale e si riferisce sia alle femmine che ai maschi.”

Perché oggi più che mai è fondamentale sensibilizzare bambini e ragazzi ai temi legati all’identità femminile e maschile e all’uguaglianza tra i sessi?

“Se noi agiamo precocemente, ossia nella fascia 0-6 anni, a offrire ai bambini e alle bambine un immaginario paritetico dove non ci sono ruoli preconfezionati né per le femmine né per i maschi, ma ognuno è libero di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, questi bambini cresceranno avendo interiorizzato un’idea di uguaglianza di genere. Se invece posticipiamo, come spesso accade, all’età della preadolescenza e adolescenza, gli stereotipi si saranno già incardinati e sarà molto più difficile fare un’azione di decostruzione. Molte ricerche ci dimostrano che gli stereotipi sono già attecchiti a partire dalla scuola primaria. Ad esempio, una delle grandi questioni che si discute in ambito educativo è come mai ancora oggi molte donne si tengono lontane dalle professioni Stem, scienza tecnologia ingegneria e matematica. Le ricerche dimostrano che fin dalla primaria le bambine si sentono inadatte e meno portate all’apprendimento della matematica e delle materie scientifiche. Questa incapacità è ovviamente appresa, poichè le bambine hanno già incamerato le aspettative che il mondo adulto ha nei loro confronti, per cui da loro ci si aspetta che siano buone, disciplinate, in ordine, molto brave nelle materie umanistiche, mentre non ci si aspetta da loro alcuna competenza nelle discipline scientifiche. Questo è uno dei casi in cui gli stereotipi di genere vanno a depotenziare i bambini e le bambine.”  

Quali stereotipi in particolar modo sono da scardinare?

“Il più grande degli stereotipi è che le differenze tra maschio e femmina siano qualcosa di innato. Al contrario, nella prospettiva culturalista ed educativa, quella che abbraccio io, le differenze tra maschio e femmina sono un costrutto sociale, frutto di precisi processi educativi, formativi, di socializzazione che agiscono fin dalla più tenera età e portano bambini e bambine ad apprendere cosa la società si aspetta da loro e, di conseguenza, caratteristiche, ruoli, professioni adatte ai maschi o alle femmine. Le differenze tra i sessi dunque non sono affatto naturali. Ecco perché per abbattere gli stereotipi bisogna agire a livello educativo e formativo. Tempo fa ho condotto una ricerca sugli stereotipi di genere che sono presenti nei testi scolastici della scuola primaria (i risultati sono contenuti nel libro “Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari”, Rosenberg & Sellier, Torino) dove emerge proprio un immaginario spaccato in due: i maschi hanno il controllo della sfera pubblica, lavorano, svolgono mille mestieri, mantengono la famiglia; le donne sono solo madri accudenti, raramente lavorano e, se lo fanno, sono maestre. Quindi altri stereotipi riguardano i ruoli professionali e la divisione di ruoli di genere all’interno della famiglia: in Italia il carico famigliare è ancora in larga parte sulle spalle delle donne”.

Laura Avidano