Gazzetta d’Asti e Famiglia Domani sono protagoniste di un forum on line sui valori della famiglia e su cosa significa famiglia in un contesto sociale in costante evoluzione.

Per Famiglia Domani sono intervenuti Angela Dessimone (A.D.) e Luigi Ghia (Lgh).

    GdA. La parabola del seminatore è l’ossatura su cui si sta costruendo il nuovo anno di Famiglia Domani, il periodico  a cura dei Cpm (Centri di Preparazione al Matrimonio) edito da Gazzetta d’Asti.  Con il metodo “vedere-giudicare-agire”,  in numeri monografici la rivista propone approfondimenti, motivazioni, suggerimenti, indicando cammini di fede, di ricerca e di preghiera.  Un tema affrontato a vari livelli, da quello psicologico a quello antropologico; dal sociologico all’etico; dallo spirituale al pastorale, passando attraverso l’esperienza quotidiana e  varie testimonianze di vita vissuta. Strada, pietre, rovi e terreno buono, questi i quattro punti cardinali per il 2016, spunti di riflessione per tutti i lettori di Famiglia Domani. Ne parliamo con Luigi Ghia, sociologo e direttore della rivista insieme con la moglie Anna, e con Angela Dessimone, redattrice della rivista, insegnante di religione nelle Scuole Superiori. Ma, prima di tutto, che cos’è Famiglia Domani?    Lgh. Famiglia Domani è una rivista trimestrale che ha visto la luce all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso come supporto all’attività dei Cpm, all’epoca molto diffusi in alcune diocesi italiane e in modo particolare a Torino e a Genova. I quaderni poi, gradualmente, si trasformarono in rivista per le coppie e le famiglie. Oggi, dopo anni di analisi delle situazioni in cui si affaticano le famiglie e di proposte  di cammini di fede, viviamo come un dono l’esortazione apostolica “Amoris Lӕtitia” di Francesco che premia alcune intuizioni che negli anni abbiamo portato avanti insieme con la nostra redazione. GdA. La gioia dell’amore di una società in evoluzione. Che cosa vuol dire oggi “famiglia”, alla luce anche dell’esortazione ai fedeli fatta da papa Francesco che invita all’autocritica per le rigidità dettate in passato dalla religione? Come si deve porre il cattolico di fronte al delicato tema della famiglia, all’accettazione del concetto di famiglia allargata? Come convivono i concetti di futuro e famiglia? A.D. In questo periodo storico l’uomo e la donna stanno interpretando se stessi in modo diverso dal passato e con categorie definite moderne, se non a volte personali. Realizzare la famiglia, oggi più che mai, è un viaggio impegnativo. È al suo interno che si crea il contesto privilegiato in cui vivere la gioia dell’amore. Anche se emergono diversi segni di crisi del matrimonio, dobbiamo riconoscere che nei giovani è più forte che mai il desiderio di avere una propria famiglia su cui costruire valori duraturi. È però necessario ammettere che la visione della famiglia cristiana trasmessa fino ad oggi genera perplessità in molti giovani. Nell’esortazione apostolica Amoris Lӕtitia papa Francesco esprime un’autocritica chiara e puntuale. Al punto 36 dice: «Dobbiamo essere umili e realisti per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo. Spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione. Né abbiamo fatto un buon accompagnamento dei nuovi sposi nei primi anni con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete. Altre volte abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito [… ] Questa idealizzazione eccessiva, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario». E ancora,  al n. 37: «Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali avessimo sostenuto a sufficienza le famiglie. Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare tutta la vita. Stentiamo a dare spazio alla coscienza dei fedeli […] Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle». Lgh.   Si sente spesso affermare che la famiglia è morta. Secondo noi la famiglia non è morta, ma è cambiata.  Solo mezzo secolo addietro, se una ragazza quindicenne, un’adolescente, avesse dovuto partorire un bimbo fuori dal matrimonio o quanto meno da un’unione stabile, i genitori e i nonni avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di nascondere un evento considerato scandaloso.  Oggi sono i primi a esporre sulla porta d’ingresso di casa il fiocco rosa o azzurro, come segno di felicità e di accoglienza. Non è più neppure considerata scandalosa la presenza nella società di coppie dichiaratamente dello stesso sesso, che vivono e lavorano accanto a coppie eterosessuali. Si tratta di cambiamenti morfologici vistosi, tali da giustificare la domanda se sia corretto parlare di “famiglia” o non piuttosto di “famiglie”. Questi cambiamenti morfologici della famiglia hanno a che fare con  il differimento della natalità e con l’aumento della denatalità; con le nuove situazioni originate da separazioni coniugali; con la permanenza prolungata del giovane adulto in famiglia; con la sempre più diffusa delega educativa (anche alla televisione) a causa delle difficoltà dei genitori   nel conciliare lavoro e compiti genitoriali, ecc. Va aggiunto che  oggi la famiglia è plurale. Nel Sud del mondo esistono ancora famiglie “allargate”, mentre nel Nord  le famiglie sono prevalentemente nucleari e addirittura, sempre più frequentemente, monoparentali. Non esiste più un modello unico di famiglia. Una sola cosa le accomuna, al Nord e al Sud del mondo: molte, troppe famiglie sono imbarcazioni alla deriva, navi in un mare in tempesta. La forbice tra famiglie ricche e famiglie povere si sta allargando smisuratamente. Troviamo famiglie fragili, senza lavoro, conseguentemente senza denaro, e dunque famiglie giovani senza figli (secondo i dati Istat, per la prima volta in 90 anni si registra un calo della popolazione italiana), o con genitori anziani da curare. Famiglie che vivono inenarrabili situazioni di fatica: esse ci interpellano non solo  a livello personale, ma contribuiscono a creare uno spazio di riflessione all’interno della nostra redazione. Quella che nella domanda viene definita come l’invito di Francesco all’autocritica nei confronti delle rigidità dimostrate nel passato dalla Chiesa,  è in realtà un invito che il papa indirizza alle comunità cristiane affinché, nel rivolgersi alle famiglie, esse parlino più del Vangelo che non della legge. Per questa ragione, da ormai molti anni abbiamo istituito una rubrica fissa chiamata “L’Evangelo nel quotidiano”, convinti che l’evangelo abbia sempre qualche buona notizia da dare alle famiglie. Attraverso questa rubrica abbiamo realizzato che la comunità cristiana, anziché escludere (divorziati, divorziati-risposati, coppie conviventi, ecc.) si dovrebbe chiedere come prendersi pastoralmente cura di tutti, assicurando a tutti piena dignità e non abbandonando i soggetti più vulnerabili. A.D.  Papa Francesco spalanca la finestra in una giornata di primavera e vi lascia entrare aria serena, frizzante;  ed appare un cammino verde di speranza, con sassi e rovi ai lati, è vero, ma anche con fiori, profumi, erba tenera ed acqua fresca che scorre.  Oggi possiamo e dobbiamo dire che la famiglia è il luogo privilegiato della tenerezza, dell’amore condiviso che progetta ogni giorno nuovi modi per amare, per costruire giorno per giorno la vita insieme. È il desiderio tenero e potente dell’altro per me e da me verso l’altro che rende poi questo amore paziente e capace di sopportare, di accettare volontariamente con gioia la fatica. Se il mio amore è mio ed io sono per lui – come dice il Cantico dei Cantici – nulla sarà pesante o faticoso, perché ciò che si ama non ha peso e nessuna fatica potrà dirsi tale nell’espressione dell’amore. Nessuna rigidità fa bene al cuore perché in genere le rigidità danno origine a nuovi steccati e a nuove incomprensioni. Ecco perché l’anno della misericordia non può passare; il Padre misericordioso che tanto ci ama irrompe nella nostra vita con la tenera freschezza di un bambino. Per un bambino non esiste la mamma o il papà peccatore, ma essi sono le persone che lo amano e che lui ama. Per il Padre dei cieli noi siamo i suoi figli; il peccato è altro, è da Lui cancellato grazie a Suo Figlio Gesù. La nostra comunità cristiana,  mai come ora, può invitare i giovani ad amarsi, a costruire fondamenta forti su un amore felice di essere fedele, luminoso nella gioia, condividendo ogni momento della giornata con l’altro. Solo così altre coppie possono desiderare di compiere la stessa esperienza. Francesco al n. 43 afferma che una delle più grandi povertà della cultura attuale è la solitudine. Nella famiglia allargata, realtà frequente nella società attuale, può essere presente una grande solitudine data dalla incomprensione che i vari componenti esprimono con l’insofferenza, l’indifferenza, o forme di intolleranza che feriscono profondamente; ma nel contempo, in opposizione a questi atteggiamenti, con sentimenti positivi di accettazione, di comprensione, di dialogo costante, per cui problematiche apparentemente non risolvibili non portano anche il peso dello sconforto,   ma il sollievo dell’accettazione, della comprensione e della solidarietà umana. Lgh. Ci siamo posti più volte la questione del rapporto tra famiglia e futuro e cioè se esisterà ancora in futuro l’istituzione familiare. Credo che da un punto di vista antropologico si possa sostanzialmente concordare con la tesi di Claude Lévi-Strauss secondo cui «il requisito assoluto della costituzione di una famiglia è la preliminare esistenza di altre due famiglie, una che fornisce l’uomo e l’altra che fornisce la donna i quali, con il loro matrimonio, daranno luogo a una terza e così via» (Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino 1967, p. 167). Ammetto che questa affermazione possa apparire eccessivamente legata a un modello strutturalista e non tener conto, ad esempio, di vari altri aspetti inerenti alla famiglia, quali la procreazione, l’istinto materno, l’amore tra i coniugi, l’aiuto reciproco, il rapporto di parentela tra genitori e figli, ecc., ma essa ha quanto meno il pregio di collegare con un filo rosso l’istituzione familiare e la società, che altro non è se non una “pluralità di famiglie disposte a riconoscere che ci sono altri legami oltre a quelli consanguinei, e che il processo culturale di filiazione può essere perseguito solo attraverso il processo sociale d’imparentamento» (ivi, pp. 167-168). In questo senso, penso che non si possa immaginare un futuro senza famiglia: quale sia il modello di questa famiglia è ovviamente un altro discorso.     GdA. La famiglia è un concetto molto presente e utilizzato nel dibattito politico e mediatico in Italia. Come vi ponete di fronte ai proclami a favore della famiglia tradizionale e di fronte all’ipotesi di derive distruttive in casi di cambiamenti nel modo di concepire il concetto di famiglia? Ma che cos’è oggi la famiglia? Lgh. A dire il vero, non siamo molto interessati ai dibattiti di natura ideologica sulla famiglia, né agli appelli , che riempiono le nostre caselle di posta, a favore della famiglia tradizionale che si vorrebbe insidiata da altri più recenti modelli familiari. Ci sembra che troppo spesso le famiglie vengano utilizzate come strumento di pressione, come numeri da vantare per i vari Family Day. Crediamo che la deriva distruttiva nasca sostanzialmente dal considerare la famiglia oggetto (di politica, di pastorale, ecc.) e non piuttosto soggetto attivo della sua liberazione. Dal punto di vista sociale la famiglia è il motore del rinnovamento della società, così come dal punto di vista ecclesiale essa è il motore di rinnovamento della Chiesa. È molto interessante quanto afferma al riguardo papa Francesco:  la famiglia non è un puro e semplice modello sociale, ma «un interpellante mosaico formato da tante realtà diverse, piene di gioia, drammi, sogni. Le realtà che ci preoccupano sono sfide» (AL 57). In questo contesto, la nostra rivista che –  non va dimenticato –  nasce con un compito di servizio riguardante la preparazione delle giovani coppie al matrimonio, ha sempre creduto e crede tuttora che il matrimonio (sia a livello simbolico, sia a livello della vita quotidiana concreta) rappresenti la condizione – il luogo antropologico e teologico – che immette la relazione d’amore uomo-donna in una dimensione sociale e comunitaria, perché riteniamo che sia per la società che per la comunità cristiana nulla sia più dannoso del ripiegamento sul privato. A.D. La famiglia può essere modello di superamento del rifiuto e espressione dell’accoglienza. Senza amore il futuro è arido, è un terreno su cui qualunque seme che si cerca di seminare, muore. La famiglia, progetto di futuro per eccellenza, non può vivere ed esistere senza amore, senza l’amore positivo e costruttivo di due persone che ogni giorno si donano l’uno all’altro senza riserve per essere felici e rendere felici. La fedeltà non è solo un impegno, è la gioia di stare insieme che dura nel tempo di vivere oggi, domani e dopodomani, gustando la vita in tutti i suoi aspetti, costruendo valori validi per tutti i suoi componenti. Tutti i componenti della famiglia si riconoscono in questi valori  e sentono di poterli  trasmettere fuori dal cerchio familiare alla società con cui vivono. Oggi la famiglia appare fragile per alcuni mutamenti importanti: il lavoro femminile e la vita familiare e il rapporto con i figli;  la figura paterna di capo famiglia basata non sull’autorità ma sul dialogo; la difficoltà di pervenire alla condivisione di tutti i momenti che i singolo componenti vogliono vivere senza cadere nel permissivismo distruttore di responsabilità, favorendo dialogo e crescita personale.  Sembra che oggi le famiglie non sappiano più sognare; non sognare miglioramenti economici: questi sogni sono ben presenti e rappresentano un’esigenza naturale, ma sognare con i sentimenti che crescono nel cuore per comunicare attorno il profumo della vita gustata in tutti i suoi aspetti, anche in quelli dolorosi, comunicando l’importanza delle cose che non si vedono, rivelando che l’amore di Dio è la serena felicità che mi riempie il cuore. Molte famiglie non si sentono amate dal Padre dei Cieli, ma, più spesso, giudicate o colpevolizzate. Ancor più spesso, non trovano l’aiuto di alcuno di coloro che affermano di credere in Dio. La componente genitoriale sente la difficoltà di educare. Quale metodo usare per instillare una buona educazione? Quali valori privilegiare nell’educazione dei figli perché questi non rifiutino tutte le proposte educative?  Quali atteggiamenti modificare a livello personale per condividere con il coniuge i giorni senza giungere alla noia, alla sopportazione o peggio al tradimento? Come condividere l’autonomia del coniuge?  Queste sono le domande di una relazione di coppia e di famiglia. GdA. Famiglia vuole dire anche relazione, fra singoli, collettività, storia e quindi società civile. Come si affrontano i cambiamenti sociali e quali sono gli ostacoli più grossi che si devono affrontare  eticamente e moralmente? Lgh. Personalmente resto convinto che per le coppie e le famiglie nelle loro variegate relazioni all’interno della società sia importante affrontare preliminarmente i problemi strutturali in cui esse si dibattono e che, in molti casi, sono responsabili della grande fatica che esse devono sopportare nel condurre la loro esistenza quotidiana. Situazioni complesse dal punto di vista morale trovano il più delle volte nelle condizioni economiche e sociali della loro vita la cause di una deriva che non può essere affrontata con toni polemici o accusatori. Le istituzioni pubbliche dovrebbero investire maggiori risorse sia dal punto di vista economico che umano a vantaggio delle coppie e delle famiglie, fornendo loro un aiuto e un supporto concreto nella varie tappe della vita (nascita di un figlio, malattia importante di un componente, vedovanza di uno dei coniugi…). Un aiuto concreto dovrebbe inoltre essere dato alla coppia nella fase di avvio della sua esperienza di relazione. Quanto sto affermando per la società civile deve poter trovare una rispondenza anche a livello della comunità ecclesiale. Non solo le indagini ufficiali, ma anche le esperienze concrete degli “operatori” di pastorale familiare, concordano nel riconoscere che la grande maggioranza di coloro che accedono agli incontri di preparazione al matrimonio sono giovani (o meno giovani) già da tempo conviventi. È del tutto evidente che la pastorale viene interpellata da questa nuova realtà (nuova almeno in quanto alle sue dimensioni) sulla quale è necessario riflettere sia dal punto di vista teologico, sia – per l’appunto – pastorale per rielaborare i contenuti del messaggio che viene offerto agli incontri, nonché il linguaggio con cui questi messaggi vengono veicolati, ed altresì l’atteggiamento degli “operatori” nei confronti dei giovani. Francesco parla, a tale riguardo, di “misericordia” che non significa solo evitare di esprimere giudizi, perché la coscienza di ogni soggetto ha i propri percorsi, ma altresì non lasciarsi fuorviare da pregiudizi che non tengono conto del cammino personale di fede che ognuno di questi giovani compie spesso con grande fatica. Pregiudizi, inoltre, che considerano la scelta della convivenza come il rifiuto della definitività, del “per sempre”, della sicurezza affettiva, e non invece un modo diverso, che va preso in considerazione, di intendere la propria relazione affettiva che si vuole garantita non dalla legge, ma dalla qualità stessa della relazione la quale resta pur sempre segno dell’amore di Dio. Questa è la speranza che noi vogliamo trasmettere attraverso la nostra rivista. GdA. Un nuovo “annuncio” cristiano…? A.D. Un nuovo annuncio cristiano può consistere nel ripetere, ripetere, continuare a ripetere che ogni persona è intensamente amata da Dio per ciò che è : un essere umano con volontà e capacità di decisione; che per Dio viene prima di tutto la persona, solo dopo il peccato commesso. Se questo vale per Dio, perché non può valere anche per noi,  piccoli esseri affannati sulla strada della vita? Dio accetta tutto da noi, e con noi condivide tutto, come potremmo dire il contrario visto che con noi ha condiviso la sua divinità accettando il nostro rifiuto? GdA. Convivono all’interno del concetto di famiglia individualità quali donna, uomo, marito, moglie, figlio, nonno, nonna,  italiano, straniero, credente, laico. Come attecchisce il seme della speranza all’interno di un sistema così variegato? A.D. In tutte queste individualità, e dunque in molte famiglie, il sentimento di sottofondo è l’insicurezza affettiva. Per quanto riguarda la coppia, Il rapporto potrebbe non durare, è vero, ma pensarlo lo rende fragile sin da subito, mentre responsabilità è volere che la relazione duri basandosi sull’impegno che ciascuno dei due porrà per l’accettazione dell’altro anche nei momenti faticosi. Ti amo per quello che sei ora e per quello che sarai domani. Ogni giorno è un cammino per costruire in noi stessi una coscienza retta;  quotidianamente possiamo trasmettere un messaggio che aiuta l’altro a migliorare la propria coscienza approfondendo la propria consapevolezza. Questo vale per ogni soggetto. Come costruire la speranza? Forse è importante non credere e non ascoltare sempre e solo i profeti di sventura.  I media sono al vertice di questa gerarchia; distaccarci di tanto in tanto dalle opinioni mediatiche può essere salutare. Non credere neanche ai suonatori di flauti magici, i politici, i potenti, ecc … Costruire silenzio attorno a noi ed in noi: un silenzio caldo, attento, tranquillo, condiviso per giungere alla meditazione del cuore e della mente, e soprattutto smettere di farci rimproverare dal nostro cuore per gli errori compiuti. San Giovanni scrive: «Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (1 Gv. 3,20). Lgh. L’impegno di  Famiglia domani è nato e si svolge in un contesto ecclesiale, ma il nostro è un modello di Chiesa che privilegia il “noi”: quando parliamo di Chiesa, cioè, pensiamo non tanto a “la” Chiesa come luogo antropologico e teologico con cui confrontarci, quanto piuttosto a “noi” Chiesa, come luogo di appartenenza di diversità che vogliono ritrovarsi. Va detto che tradizionalmente i tempi della Chiesa sono tempi lunghi, tempi –  come afferma lo scrittore Gilbert Cesbron –  “di una lunga pazienza”. Ma etimologicamente il termine “pazienza” è collegato con il verbo “patire”, soffrire. Così può accadere, come è successo alla nostra rivista, che intuizioni che abbiamo iniziato a sviluppare trent’anni fa, trovino oggi con Francesco un riconoscimento, sicuramente ancora timido, ma denso di speranza. Un solo esempio di questa “pazienza”.  Al Sinodo del 2015 sulla famiglia sono state invitate tra gli uditori una trentina di donne, ma esse non hanno potuto votare le deliberazioni sinodali. L’unico laico con diritto di voto era un laico consacrato, e per giunta celibe. La recente apertura di papa Francesco al diaconato femminile ha in qualche misura riaperto i giochi: però è stato necessario che un gruppo di suore coraggiose ponesse in modo esplicito la domanda. Non bisogna mai rinunciare a porre delle domande. Questo è un po’ lo stile della nostra rivista: non dare risposte, ma fare domande, essere “camminatori di domande”. Essere portatori di una speranza attiva. Come far attecchire la speranza all’interno di una famiglia in cui si muovono varie individualità quali donna, uomo, marito, moglie, figlio…?  Da sociologo direi che il primo atteggiamento da coltivare in famiglia è il superamento dei ruoli. Il rapporto tra i vari componenti è essenzialmente una relazione tra soggetti., non tra ruoli. La famiglia può diventare soggetto (di politica, di diritti, di azione sociale, di pastorale) solo se è composta da persone che si percepiscono come soggetti e non come portatrici di specifici ruoli ascritti. Non si tratta di “soggettivismo”, ma di spazi fecondi di soggettività liberanti. È questa la condizione che consente di avviare quel processo di accettazione delle differenze  (sessuali, anagrafiche, di cammini di fede) e trasformarle da problema a risorsa della comunione. Senza enfasi, ma con grande speranza, credo che la famiglia abbia tutti i numeri per diventare il luogo antropologico e teologico  in cui – quando le persone che la compongono si amano pur sperimentando la fatica della relazione –  si celebra l’amore di Dio e soprattutto si apre l’orizzonte, al suo interno e all’esterno, a una nuova sacramentalità dell’amore che rappresenta –  per la comunità cristiana in cui Famiglia Domani si identifica –  una delle sfide più importanti del nostro tempo. Come abbonarsi a Famiglia Domani Formula di abbonamento: da GENNAIO A DICEMBRE 2016 4 NUMERI di 80 pagine caduno 23,50 euro versare sul ccp n. 1014947939 intestato a Gazzetta d’Asti srl oppure tramite Banca IBAN IT82C0608510300000000034200. OFFERTA: ABBONAMENTO CUMULATIVO FAMIGLIA DOMANI (23,50 euro) + GAZZETTA D’ASTI (60 euro)  80 euro Email: famiglia.domani@cpm-italia.it  – luigi.ghia@alice.it