I vertici della Cijan Corporation sono tornati in Cina, ma si cominciano già a intravedere i contorni della Waya in salsa cinese.

Fin dalle ore successive all’aggiudicazione, è  stata avviata una proficua e intensa collaborazione tra i cinesi e i vertici astigiani dello stabilimento, che hanno tenuto in piedi l’azienda nel difficile biennio di amministrazione straordinaria.

Un dialogo che è proseguito dopo la partenza dei cinesi, con un fitto scambio di dati e ipotesi utili a costruire il nuovo piano industriale, e con le pratiche burocratiche per avviare la società di diritto italiano, chiamata a rilevare e gestire la fabbrica.

Ne parliamo con Adriano Carbone, il direttore di stabilimento, il principale legame tra la vecchia Waya e quella nuova, che sta per nascere dalle ceneri del fallimento.

Dopo tante delusioni, tra i lavoratori comincia a serpeggiare qualche dubbio. I cinesi fanno sul serio o no?

“Guardi, mi sembrano molto determinati. Anzitutto per l’asta si sono mossi i vertici aziendali, che ora sono rientrati in Cina ma torneranno tra quindici giorni per la firma del contratto di cessione. Stiamo lavorando intensamente con loro nella preparazione del piano industriale per far ripartire l’azienda. Ci chiedono dati e scenari futuri, necessari per prendere le decisioni operative. Stiamo bruciando le tappe per costituire la società veicolo necessaria a perfezionare l’acquisto dal curatore”.

Come sarà la nuova Waya? C’è il timore che qualche linea produttiva emigri in Cina…

“Ripartirà dalle produzioni di nicchia, in cui siamo competitivi. I cinesi manterranno ad Asti tutte le cosiddette celle manuali e la linea automatica che era in produzione negli ultimi anni. Verranno trasferiti in Cina gli impianti delle quattro linee automatiche inutilizzati dal 2005, su cui nel mercato europeo non siamo ormai più concorrenziali. Ad Asti resterà tutto il “cervello”, i reparti di ricerca e sviluppo e i laboratori, importanti per una crescita futura. Se vogliono penetrare nei mercati europei, la Cijan avrà bisogno di una testa di ponte,  può essere senz’altro la Way Assauto, per  questo sono fiducioso”.

Ma quando riprenderà la produzione quale sarà la nuova sede? Si parla della ex Gate 3 di corso Alessandria…

“E’ vero, abbiamo visitato l’ex Gate 3, ma anche l’ex Gate 2 di via del Lavoro. Sono gli unici due stabilimenti subito disponibili, con una superficie utile di oltre quattromila metri quadrati. Non escludo però di restare nel sito di via Antica Cittadella, almeno in una prima fase. Sarebbe un’opzione gradita ai nuovi proprietari, che consentirebbe di evitare i costi di trasferimento e rendere subito operativa la fabbrica.
Se tutto va bene, già nei primi giorni di maggio prenderanno servizio i primi manutentori, per riavviare gli impianti. I primi pezzi credo che usciranno entro agosto. Li produrranno i dipendenti oggi in cassa integrazione, la Waya non può prescindere dal suo zoccolo duro di lavoratori, i cinesi lo sanno bene. In tre anni, se avremo dal mercato le risposte attese, potremo occupare dai 60 ai 100 dipendenti. I clienti, almeno in una prima fase, saranno quelli storici della Waya. Claudio Pia, il responsabile commerciale, si sta già muovendo per riprendere i contatti, tenuti in vita con molti sforzi negli ultimi anni. Certo, ci dovremo muovere per aumentare la produttività e ridurre i costi di produzione, penso che ne riparleremo quando verrà ufficializzato il nuovo piano industriale”.

Massimiliano Bianco