Un gioiello barocco nel cuore di uno dei borghi storici di Asti. Un gioiello che rischiava di finire nel degrado e che invece oggi torna a nuova vita grazie a un lavoro di messa in sicurezza, restauro e risanamento conservativo. La Chiesa di San Rocco, dopo 14 mesi di lavori, verrà riaperta ai fedeli sabato 24 novembre alle 16, con una messa celebrata dal monsignor Marco Prastaro.
La sede dell’antica confraternita dedicata al santo era stata chiusa nell’agosto del 2016 a causa del distacco di parte dell’intonaco della volta.
I lavori voluti dalla Diocesi assieme alla parrocchia di San Martino, sono cominciati nel settembre 2017, con un costo iniziale di 145 mila euro per la maggior parte finanziati da un Bando Cei con i fondi dell’8×100 per l’edilizia di culto, con la collaborazione della Fondazione CrAsti e del Comune attraverso la legge regionale 15/89.
Non si tratta dei primi lavori eseguiti nella chiesa di via Brofferio. Una prima opera di restauro è datata marzo 1951 concentrata proprio sul pavimento policromo, oggi nuovamente oggetto dell’importante restauro. Il pavimento di mosaico era stato danneggiato dall’alluvione del settembre del 1948.
Un altro intervento strutturale era seguito al terremoto del 2000. L’anno successivo erano state rifatte le coperture dell’edificio e l’intera struttura lignea del tetto, un progetto curato dall’architetto Fabrizio Gagliardi assieme a Lucia Cavallaro.
Fino ad arrivare ai giorni nostri con i gravi problemi dovuti all’umidità di risalita che hanno provocato il danneggiamento della pavimentazione della chiesa, sconnessa in molti punti.

I lavori nell’antica Confraternita

Progettista e direttore del restauro e della messa in sicurezza dell’antica Confraternita è stato l’architetto astigiano Fabio Calosso.
“Il primo intervento è stato la rimozione della pavimentazione molto danneggiata – spiega Calosso -. Il restauro conservativo voluto dalla Soprintendenza ha permesso il recupero solo di alcune parti originali della pavimentazione”.
Parliamo della losanga sul presbiterio che è sempre stata coperta dal basamento dell’altare e che nella ristrutturazione è stata “spostata” verso la balaustra, per essere più in vista. Altri elementi di decoro originali sono stati conservati con la tecnica dello “strappo” (il rosone al centro dell’aula e il tassello con la datazione della bussola d’ingresso).
“Il resto della pavimentazione (dopo essere stato rimosso) è stato ricostruito (sopra un vespaio areato e una soletta costruiti ex novo), con la tecnica del seminato di marmo alla veneziana dal mosaicista Andrea Craviolatti della ditta Opere Speciali Srl di Torino”, continua l’architetto.
Per contrastare l’umidità di risalita si è usata una tecnologia abbastanza innovativa; è stata installata un’apparecchiatura, che va ad interferire con i disturbi elettrici presenti nel terreno, che sono la causa del fenomeno di risalita capillare delle molecole d’acqua nelle murature. L’umidità è stata la causa principale di degrado degli intonaci, “nella parte bassa delle murature, questi, sono stati ripristinati gli e sono state ricostruite cornici e modanature della zoccolatura, sempre con malta di calce naturale – ha spiegato ancora l’architetto -. Il consolidamento strutturale della Chiesa è stato realizzato, tramite dei tiranti longitudinali, installati lungo tutto il perimetro della struttura, a nove metri di altezza, non a vista, sopra il cornicione principale”.
Il progetto strutturale, è stato curato dall’ingegner Giorgio Piccinino.
Il lungo e paziente lavoro di consolidamento degli intonaci delle volte è stato invece affidato alla restauratrice Ilaria Deambrogio che, con l’ausilio di “ragni” elevatori, ha lavorato fino ai 17 metri della parte più alta della cupola.
“Non c’è stato un reintegro pittorico perché il progetto prevedeva le sole opere più urgenti di messa in sicurezza e risanamento” precisa l’architetto.
Durante il “cantiere” si è anche lavorato alla messa a norma dell’impianto elettrico e alla realizzazione di un nuovo impianto di riscaldamento radiante, a pavimento.
Si tratta di interventi che non balzano subito all’occhio ma a cui si deve la percezione di confort e salubrità che si ha ora, varcando la soglia dell’edificio.
“Non è escluso che partecipando ad altri bandi si riesca ad integrare quanto è stato fatto in Chiesa – come occuparsi del restauro di elementi puntuali, quali la balaustra in marmo e gli altari laterali”, conclude l’architetto Calosso. Una breve presentazione dei lavora verrà illustrata ai fedeli alle 16 del 24 novembre, prima della messa inaugurale celebrata dal vescovo alle 16.30.