Il commento alla Parola di domenica 30 maggio (Santissima Trinità) a cura di Sr Maria Daniela  del Monastero Cottolenghino  “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

Oggi è la Solennità della SS. Trinità, un mistero che a volte ci sembra molto distante e complicato, ma che in verità ci è molto vicino.

Nel Vangelo, che la liturgia ci propone, Gesù invia i suoi a far discepoli tutti i popoli e a battezzali nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Quello che in questo passo è esplicitato, viene raccontato, tra le righe, in tutta la scrittura: Dio non è solo.

Nell’Antico Testamento, Dio si è rivelato come Creatore, Signore del cielo e della terra, ineffabile e indicibile; “in Gesù Cristo, al di là di ogni nostra attesa, lo incontriamo uomo e allo stesso tempo Figlio di Dio, egli stesso è la reale prossimità di Dio che noi incontriamo, il Dio-con-noi (Emmanuel)…

A questa esperienza di Dio fa seguito, l’esperienza dello Spirito, della presenza di Dio in noi, nel nostro intimo. È la modalità in cui Dio stesso si dà a noi, in cui entra in noi, così da essere nell’uomo, pur restando sempre, infinitamente al di sopra di lui” (cfr. J. Ratzinger – Introduzione al cristianesimo).

Superando l’impassibilità del Dio unico degli antichi, entriamo nella molteplice-unità e nella singolare-diversità di Dio amore, che si interessa degli uomini e ci chiama a una relazione con Lui, anzi ad entrare nella stessa dinamica trinitaria.

Come leggiamo nella seconda lettura, noi stessi siamo guidati dallo Spirito di Dio, ricevuto nel battesimo, e siamo figli di Dio. Questo Spirito ci rende figli nel Figlio e per suo mezzo possiamo gridare: «Abbà! Padre! », entrare, cioè, nel rapporto di amore che c’è tra il Padre che genera, il Figlio che è generato e lo Spirito Santo amore fatto persona.

Per la nostra piccolezza e finitudine, la luce di questo mistero è davvero troppo grande per poterla guardare chiaramente. C’è bisogno di uno schermo, un paio di occhiali da sole, una serie di paragoni per poter descrivere ciò che non è possibile dire a parole.

È la stessa cosa che viene espressa da Mosè, nella prima lettura: «… vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo?».

Ma alla fine, che cosa dice questa festa per la nostra vita? Che cosa cambia con la Trinità?

Questa festa evidenzia che non siamo soli, la vita ha un senso, un significato profondo che cogliamo contemplando proprio il legame d’amore della Trinità. Guadando a lui comprendiamo l’uomo e scopriamo che siamo chiamati ad una comunione di amore sempre più concreta e profonda con Dio e con i fratelli e le sorelle, perché tutto quello che vediamo fare a Dio, dobbiamo viverlo anche noi. 

La vita divina che ci è stata donata nel battesimo, deve crescere in noi e diventare vita concreta, terra che porta frutto e sa trasmettere il dono della figliolanza divina ai fratelli e alle sorelle.

Deo gratias!

LETTURE: Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20