fornoLa recente elezione del presidente di Confagricoltura Asti, Massimo Forno, nella Giunta della locale Camera di Commercio rappresenta, parafrasando la celebre frase dell’astronauta Neil Amstrong, un piccolo passo ma un gigantesco balzo per la rappresentatività delle associazioni agricole del nostro territorio. Forno, alla guida di Confagricoltura dal 2006, prenderà posto nella cabina di regia dell’ente camerale in rappresentanza della sua associazione e la Cia, forte di un consenso quasi unanime avendo raccolto undici preferenze, secondo solo a Maurizio Rasero (Ascom) che mercoledì scorso ha ottenuto l’incarico di vicepresidente della Camera di Commercio battendo la concorrenza della rappresentante di Confartigianato Samantha Panza. “Sono molto soddisfatto del risultato – commenta Forno –, aver raccolto così tante preferenze dopo le divisioni che avevano contraddistinto la nomina della Presidenza è un segnale forte e che responsabilizza”. Come noto l’investitura di Erminio Renato Goria al vertice della Camera di Commercio è stato un processo molto travagliato, concluso con una vittoria al fotofinish (12 voti a 11 alla terza votazione) sull’altro candidato, il direttore di Confartigianato Giansecondo Bossi. Un successo ottenuto anche grazie l’appoggio del neoeletto Forno: “Ho sempre sostenuto la candidatura di Goria – chiarisce Forno -, ha il profilo più completo per guidare con autorevolezza la Camera di Commercio specialmente in questo periodo di grandi incertezze per il futuro dell’ente”. Il presidente di Confagricoltura Asti glissa sulle persistenti tensioni con la Coldiretti – “le priorità per il mondo agroimprenditoriale sono ben altre”-, limitandosi ad indicare l’arroganza di un’associazione che per una manciata in più o in meno di iscritti “si sente erroneamente legittimata a rappresentare da sola il complesso mondo agricolo”. Il mandato di Forno sarà invece fondato sulla condivisione e l’ascolto della più ampia pluralità dei soggetti in campo, un lavoro sinergico per affrontare in primis il delicato momento della Riforma della Pubblica amministrazione. Le camere di commercio piemontesi passeranno dalle attuali otto a tre e quella di Asti, non potendo contare su un sufficiente numero d’imprese per restare autonoma (ne servirebbero 75.000 a fronte delle circa 24.000 iscritte), sarà accorpata con uno o più enti camerali della regione. Quali? In attesa dei decreti attuativi della legge, Forno analizza i possibili accoppiamenti: “E’ probabile che la Camera di Commercio di Asti venga accorpata a quella di Alessandria, territorio con cui ha maggiori affinità. Sarebbe tuttavia interessante sperimentare un polo al Nord con le province di Vercelli e Biella, affiancando alle eccellenze vitivinicole astigiane la cultura risicola vercellese e il mondo del tessile biellese”. Tra gli eventi qualificanti l’azione della Camera di Commercio, Douja d’Or e Festival delle Sagre rappresentano le punte di diamante ma il format del concorso enologico, secondo Forno, andrebbe rivisto. “La Douja è senza dubbio una manifestazione bellissima – spiega – ma troppo astigiana, bisogna chiedersi se con l’attuale organizzazione si stia facendo al meglio la promozione delle aziende astigiane. La mia idea è quella di accorciare il calendario della Douja all’Enofila e renderla una manifestazione itinerante in giro per l’Italia: far ospitare il concorso enologico, per due o tre giorni, nelle grandi città sarebbe un’importante vetrina per le eccellenze del nostro territorio”. Forno accarezza anche l’idea di un’enoteca permanente nel centro di Asti e individua nella ex sede della Croce Verde (ubicata tra piazza Libertà e corso Einaudi) la location ideale. Sul riconoscimento dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato nel patrimonio UNESCO, Forno è categorico: “Doveva essere la chiave di volta per unire i territori dell’Albese con l’Astigiano ma fino ad ora siamo stati troppo remissivi, lasciando la gestione solo ad Alba. E’ necessario invece consolidare un accordo tra gli enti e condividere strategie per far conoscere nel mondo la qualità dei nostri prodotti”. Il presidente di Confagricoltura Asti ribadisce infine il suo interesse a riportare la dovuta attenzione sulle esigenze dell’agroimprenditoria e la tutela del patrimonio agricolo e rurale dell’Astigiano: “Bisogna avere il coraggio di dire che ci sono parti del nostro territorio che dal punto di vista vitivinicolo hanno più nulla da dire. Diamo spazio alla riconversione delle colture altrimenti rischieremo di trovarci con ettari di aree agricole abbandonate e, quindi, improduttive”.