I prezzi della carne di Razza Piemontese, tra le più pregiate in Italia, sono troppo bassi alla stalla. Come invertire la tendenza e riequilibrare la catena del valore?
Facendo sistema, promuovendo un patto sociale tra chi produce, chi trasforma e chi commercializza in modo da garantire compensi equi e tracciabilità del prodotto di qualità. Investendo in educazione e comunicazione per far comprendere al consumatore il valore di ciò che ha nel piatto.
Se n’è parlato domenica 17 ottobre in occasione della tavola rotonda promossa da Cia Piemonte e Asti presso l’azienda agricola l’Isola della Carne a Isola d’Asti. Alla presenza dell’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa e del presidente di Cia Piemonte Gabriele Carenini si sono confrontati gli esponenti delle principali organizzazioni del settore: Guido Groppo, presidente di Coalvi, Franco Martini, presidente di Asprocarne, Franco Serra, vice presidente di Arap, Andrea Quaglino direttore di Anaborapi. A Gian Piero Ameglio, delegato alla zootecnia della giunta regionale, il compito di animare il dibattito.
Dopo i saluti di Ivano Andreos, vice presidente di Cia Asti, la discussione è entrata nel vivo con la testimonianza di Marco Capra, titolare dell’Isola della Carne, simbolo di azienda verticale e “resiliente” che grazie all’impegno di tutta la famiglia riesce a coprire l’intero ciclo produttivo, da pascoli e foraggiere fino al punto vendita che offre anche il servizio consegna a domicilio. “I nostri 200 capi – ha spiegato Marco Capra – sono rigorosamente alimentati secondo i principi della “Filiera corta”, con il sistema dell’allevamento semibrado, la transumanza estiva nei pascoli di alta montagna, l’alimentazione con i cereali prodotti in totale autonomia. Un “ciclo chiuso” che garantisce la totale tracciabilità genetica degli animali in allevamento”.
Le realtà zootecniche che hanno la possibilità e le risorse umane per coprire l’intero percorso, dal pascolo alla tavola, rappresentano tuttavia una nicchia nel contesto delle circa 4000 aziende che allevano razza piemontese. Per la maggior parte degli allevatori le condizioni economiche sono spesso critiche e disincentivanti.
“Nella guerra dei prezzi abbiamo fissato la linea del Piave a 4 euro più Iva al chilo alla stalla – ha esordito Guido Groppo, presidente di Coalvi, il Consorzio di tutela della Razza piemontese, il primo organismo in Italia ad aver messo a punto un disciplinare di etichettatura volontaria – – la carne spolpata arriva a 8 euro ma siamo a valori lontanissimi da quanto paga il cliente finale. Che sempre più cerca la qualità ed è disposto a pagarla”. Coalvi ha in progetto una campagna pubblicitaria per sensibilizzare il consumatore non solo sulle peculiarità nutrizionali ma su quanto gli allevatori contribuiscono alla sostenibilità del territorio. Senza di loro, senza i pascoli, ampie aree collinari e montane rischierebbero l’abbandono con conseguenze gravi per l’ambiente. “Bisogna ridare dignità al lavoro degli allevatori, solo così riusciremo a coinvolgere i giovani, garantendo alle aziende il ricambio generazionale”, ha suggerito Groppo.
Quali strategie per garantire alle stalle il giusto guadagno? Per Gian Piero Ameglio la strada è obbligata è quella dell’unità del comparto. D’accordo con lui anche Franco Martini di Asprocarne: “Dobbiamo presentarci contatti alla Gdo – ha detto – e lavorare sulla tracciabilità del prodotto, perché, ad esempio, su troppe tavole dei ristoranti arrivano carni straniere che sono spacciate per piemontesi”. Le norme non bastano, bisogna investire in cultura e in formazione, dicono gli allevatori. “Vogliamo lavorare su un progetto di educazione al palato che parta dalle scuole”, ha annunciato il presidente di Coalvi.
Bisogna anche allargare il mercato della Razza Piemontese, facendola conoscere in tutta Italia.
Su questo fronte si segnala l’impegno della cooperativa “Amici della Piemontese” che ha lanciato un progetto di marketing per valorizzare le diverse tipologie di carne e di tagli della Razza Piemontese, dal baby beef alla Madama Bianca, per solleticare gusti e preferenze delle diverse cucine regionali. Da Franco Serra dell’Arap l’invito a non abbassare la guardia sulla selezione della razza: “Il controllore – ha detto – deve essere sempre di più un consigliere dell’allevatore per aiutarlo ad ottenere i migliori risultati”.
L’assessore regionale Marco Protopapa ha assicurato l’impegno a favore del comparto: “Siamo a disposizione per studiare gli interventi utili a correggere le distorsioni del mercato – ha dichiarato – all’allevatore deve essere riconosciuto il giusto ricavo aziendale ma anche il valore per l’attività che svolge a tutela del territorio”.
Nel messaggio finale Gabriele Carenini ha sottolineato che per Cia Piemonte “gli allevatori sono una risorsa strategica per l’economia regionale, per la qualità del comparto agroalimentare che è sinergico allo sviluppo del turismo. La condivisione d’intenti e di progetti – ha concluso il presidente – è essenziale per incidere sulle politiche pubbliche. Lavoriamo insieme per fare concreti passi avanti sulla tracciabilità e sulla catena del valore, a tutela degli agricoltori, delle loro famiglie e dei consumatori”.
La Razza Piemontese
La Razza Bovina Piemontese è la più importante razza autoctona italiana da carne. Caratterizzata dal manto bianco, viene allevata per oltre il 90% in Piemonte. Gli allevamenti, interamente a gestione familiare, sono più di 4000 con una consistenza totale di oltre 300.000 capi. Nonostante i numeri ridotti, la Razza Piemontese è conosciuta in tutto il mondo grazie alle sue caratteristiche uniche: eleganza, finezza, grande muscolosità e accrescimento (con rese alla macellazione ≥70% dovuto all’ipertrofia muscolare), basso contenuto di colesterolo e tessuto connettivo oltre a un ottimo rapporto fra acidi grassi saturi ed insaturi (il rapporto di circa 1:3 a favore degli ultimi). La grande presenza di omega-3 e omega-6 collocano la carne di questa razza tra quelle più salubri.