La Coldiretti Asti annuncia finalmente l’entrata in commercio dei vini della nuova annata, con un’importante novità per la nostra enologia, data dal debutto della Docg Terre Alfieri, prodotta nelle tipologie bianco Arneis e rosso Nebbiolo.
Nel 2020 il Terre Alfieri si è fregiato del riconoscimento che porta a 4 le Docg del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, sulle 8 dell’astigiano e 18 del Piemonte; un traguardo ambito, a cui si puntava fin dall’ottenimento della Doc nel 2009.
Molte altre le novità, come i vini bivarietali che entrano a far parte della Doc Piemonte. Fra i primi vini dell’annata vi sono poi i rosati (le cui due Doc astigiane sono il Monferrato Chiaretto ed il Piemonte Rosato) e le ‘prime’ dei vini che i vignaioli lasciano rifermentare in bottiglia.
Ad oggi sono 48 i produttori di uve associati alla Coldiretti, di cui 37 vinificatori (per circa 250 mila bottiglie) e San Damiano, che ospita la sede dell’Enoteca Regionale Colline Alfieri ed il Centro Studi Vini del Piemonte, è la capitale simbolica di un territorio vasto, che tocca le province di Asti e Cuneo.
Presso l’EnotecAmica di corso Alessandria 271, primo esempio di wine shop territoriale su misura provinciale, si possono trovare esclusivamente vini dell’astigiano, con le 8 Doc e le 14 Docg di diversi produttori, per oltre 450 etichette (fra cui 200 Barbera d’Asti, 65 bianchi, una ventina di rosati ed altrettanti spumanti e grignolini ma anche grappe, acquaviti e vini chinati).
Marco Reggio, presidente di Coldiretti Asti, ha dichiarato “L’istituzione della Docg Terre Alfieri è il successo di un territorio vocato all’altissima qualità, il compimento di un lungo percorso fatto dal Piemonte e dall’astigiano in particolare”.
Il direttore di Coldiretti Asti, Diego Furia, ha poi sottolineato “La Docg è stata ottenuta in virtù dell’aver dimostrato che le caratteristiche qualitative intrinseche del Terre Alfieri sono oggi superiori rispetto alla media di quelle degli analoghi vini Doc, per effetto dell’incidenza di tradizionali fattori naturali, umani e storici”.
Terre Alfieri è una Docg interprovinciale, che tiene conto delle caratteristiche ampelografiche del territorio e della sua storia vitivinicola. Interessa infatti i territori dei comuni di Antignano, Celle Enomondo, Cisterna d’Asti, Revigliasco, San Damiano, San Martino Alfieri, Tigliole (in provincia di Asti) e parte dei comuni di Castellinaldo, Govone, Magliano Alfieri e Priocca (in provincia di Cuneo).
Oltre a Terre Alfieri Arneis (Arneis 85% e vitigni a bacca bianca coltivati in Piemonte) e Nebbiolo (Nebbiolo 85% e vitigni a bacca nera coltivati in Piemonte), sono nati il Terre Alfieri Arneis Superiore (anche con la menzione aggiuntiva ‘vigna’, ottenuta con un periodo minimo di invecchiamento di 6 mesi), il Terre Alfieri Nebbiolo Superiore (anche con la menzione aggiuntiva ‘vigna’, ottenuta con un periodo minimo di invecchiamento di 12 mesi, di cui almeno 6 in botti di legno) ed il Terre Alfieri Nebbiolo Riserva (anche con la menzione aggiuntiva ‘vigna’, ottenuta con un periodo minimo di invecchiamento di 24 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno).
Beppe Guido Pescaja, dell’omonima azienda vinicola di Cisterna d’Asti, è capo fila dei produttori e promotore prima della Doc e poi della Docg Terre Alfieri. Uno spirito imprenditoriale dallo sguardo globale, con laurea in economia e commercio a Torino e master in economia agroalimentare alla Bocconi, esperienze manageriali e poi negli anni ’90 l’occupazione definitiva presso la cantina di famiglia. ‘Economista contadino’ (come ama definirsi), con un’attitudine ben radicata nel territorio e nel passato, Beppe confessa “Vado orgoglioso della mia anima da ‘barotto’, che ha la capacità di apprezzare le piccole cose, a partire dallo stappare una bottiglia in compagnia. Il mio riferimento è il mondo dei nostri nonni, fatto di aiuto reciproco, coerenza e naturale bontà d’animo”. Mantenendo un costante focus su tutto ciò che è autoctono e buono, spiega “La tradizione va modificata in modo positivo, per il bene del vino e di chi lo beve, poiché il vino è anche cibo per l’anima”. Tant’è che il motto della sua Tenuta è ‘Sole, cuore, anima’.
Con l’ottenimento della Doc da parte del Terre Alfieri, mosse i primi passi il progetto ‘pensa locale, agisci globale’, lanciato da Pescaja, con l’obiettivo di una via alternativa per una nuova economia sostenibile nel lungo periodo.
Per spiegare che cos’è veramente il Terre Alfieri, Beppe torna alle origini portando questo bel paragone “Un tempo, nelle nostre cascine, le raviole erano solo per le grandi cerimonie, mentre il risotto con i fegatini era il vero piatto della domenica, il dì di festa in cui si scendeva in paese mettendosi la cravatta. Terre Alfieri è questo! Un connubio tra vino, gastronomia, paesaggio, ambiente, arte e storia.”.
Pescaja racconta “In realtà tutto ebbe inizio già nel 2005, al ritorno da una fiera in Germania. Mi ero accorto che i colleghi di altre zone d’Italia mettevano i vitigni sulle etichette mentre noi, pur avendo l’Arneis, non potevamo dichiararlo. Nacque allora l’idea di creare un marchio collettivo, che identificasse questo territorio. Per sviluppare l’idea mi misi a tavolino con Vincenzo Gerbi (docente all’Università di Agraria a Torino), Luigi Franco (vice direttore di Coldiretti Asti), il tecnico Ilario Malandrone ed i produttori Beppe Cauda e Vincenzo Bossotti. Inizialmente, per dare al vino la giusta nobiltà, volevo chiamarlo ‘alfiere’, come il pezzo degli scacchi che si muove in obliquo. Da lì al definitivo ‘Alfieri’ il passo è stato breve.”.
Prosegue poi “Nebbiolo e Arneis, due vini ma anche sogno e progetto di un gruppo di produttori vinicoli che volevano dare una nuova identità al loro territorio. Impresa non facile, poiché quel territorio (la fascia collinare attorno al Tanaro, ai margini di Roero e Monferrato e ad un tiro di schioppo dalla Langa glamour) poteva sembrare non abbastanza importante per avere l’ambizione di entrare nel salotto buono. Noi però avevamo un sogno o forse semplicemente l’ostinazione di chi sa di avere dalla sua la forza del prodotto. Il viaggio per raggiungere la Diocg è stato complesso e pieno di ostacoli ma si fa qualcosa perché si crede che sia quella giusta… La Denominazione porta non solo risultati economici ma anche sociali e di valore, infatti l’identità di vocazione fa nascere sì imprese che hanno redditività sul territorio stesso ma, sulle lunghe distanze, ha anche una ricaduta sociale, poiché facilita il miglioramento delle persone a livello di pensieri, educazione e rispetto degli altri. Il vino è energia e vino buono fa buone persone.”.
Oggi, dal genio di Pescaja, prende vita una nuova visione economica, al suono di ‘pensa locale, agisci locale’, che si sviluppa partendo dal concetto del ‘glocal’ ma evolvendosi in una maniera tanto naturale quanto inaspettata. Il primo step prevedeva infatti l’idea di una focalizzazione territoriale del pensiero, che vedeva però il suo sviluppo attuativo in un mercato globale. Ora invece si mantiene l’iniziale focalizzazione territoriale ma non si guarda più al di fuori del territorio per la sua attuazione. Per intenderci, questa volta non è Maometto che va alla montagna, bensì la montagna che va a Maometto. In tal modo si possono trarre tutti i benefici del ‘pensa locale’, con la valorizzazione di un territorio naturalmente vocato, uniti però ai vantaggi del ‘agisci locale’, che porta appunto ad una fruizione non più solo del prodotto (certamente con il suo legame al territorio ed il carico di valori ed emozioni) ma anche direttamente di un territorio vivo e vitale, a cui non basta più l’approccio di una ‘visione da cartolina’ ma ha sete di contatti umani, a cui trasmettere colori, suoni, profumi, sensazioni e stati d’animo!
Stefania Castino