Un’informazione smart, dinamica, aperta alle nuove scoperte e studiata appositamente per coinvolgere i giovani  ad appassionarsi al mondo del vino.

Questa è la strategia di Cantina Social , gruppo formato da quattro winelovers piemontesi (con 94.900 follower su Instagram) che ha partecipato all’edizione 2020 della Douja con l’ Unconventinal tasting, venerdì scorso nello spazio di Piemonte Land.

Abbiamo intervistato Adriano Amoretti, torinese, Account Manager e Sommelier Ais che, insieme a Matteo Franco, Art Director, Architetto ed Interior Designer, John Murnane , Copywriter e Lanfranco Guerriero avvocato e Sommelier Ais si sono impegnati ad esplorare nuove realtà enologiche, facendo rete con aziende e produttori e testimoniare in modo divertente tutto ciò che ruota intorno ad un bicchiere.

Come è nata Cantina social?

“E’ stata creata nel dicembre 2015 con l’obiettivo di comunicare il vino nel modo più divertente possibile.

Nel mondo dell’enologia c’è ancora molta disinformazione e CantinaSocial vuole essere un catalizzatore per chi ne è incuriosito e appassionato, creando un approccio alternativo e consapevole.

Il concetto è quello di mettere a disposizione uno spazio virtuale accogliente e scoprire tutto ciò che riguarda il mondo del vino italiano, partendo dalla nostra terra, il Piemonte.

Conoscendo le culture enogastronomiche americane ed europee sappiamo che esistono molti stereotipi riguardo alla conoscenza del vino.

Vogliamo infatti diffondere una conoscenza smart ma originale, senza focalizzarci su un luogo una tipologia o una grande denominazione già conosciuta da tutti, ma andare a scoprire le storie, le piccole realtà. Per questo il significato del nostro motto “Il vino rende tutto migliore” ha un significato complesso”.

Cosa vuol dire creare una propria community sui social e comunicare il prodotto in modo corretto e interessante?

“Essere una figura che lavora nel mondo del vino sul digitale che abbia credibilità è molto difficile. Abbiamo costruito la nostra identità lavorando con molto impegno, dedizione e grande costanza. Ci sono tante gratifiche adesso, ma sono state tante le porte chiuse in faccia all’epoca. Quello che noi adesso possiamo dire è che possiamo scegliere di lavorare con un’azienda che ha già una digital strategy ben definita e che vuole ampliare il proprio segnale, grazie a una pagina che è seguita da una target audience specifica”.

Come è stata l’esperienza della Douja 2020?

“Emozionante, anche perché dopo il lockdown, è stato il primo evento in presenza. Abbiamo notato una grande volontà di rimettersi in gioco da parte della città. Le prenotazioni obbligatorie e gli ingressi contingentati per rispettare le norme di sicurezza ha alzato il target: il pubblico che ha partecipato è particolarmente interessato e preparato, insomma, dei veri winelovers! La masterclass ci ha permesso di raccontare le particolarità dei bianchi piemontesi meno conosciuti. Abbiamo cominciato con il Moscato secco e l’Erbaluce, il Nascetta, esaltando l’Arneis e il Cortese, per poi proseguire con il Timorasso e il Baruciat. La degustazione in presenza è fondamentale nel mondo del vino, come il rapporto diretto con i produttori”.

Durante il lockdown come avete gestito la comunicazione sui vostri canali social?

“Siamo molto fieri della nostra iniziativa #iorestoincantina, a sostegno dei produttori che a causa del lockdown hanno subìto un brutto colpo a livello economico. Abbiamo visitato locations, raccontato le storie di chi vive nel mondo del vino,contattando e intervistando circa 45 vignaioli. Abbiamo avuto in ottimo riscontro di pubblico on line e le aziende hanno ricevuto parecchi ordini. Questo ci riempie di orgoglio perché la nostra mission è proprio quella di interessare il pubblico millennials soprattutto per quanto riguarda denominazioni di nicchia, che meritano di essere comunicate. L’importante è essere genuini ed essere sé stessi sia dietro ad uno schermo sia nella realtà davanti alle persone”.

A livello comunicativo , in questo momento in cui i mercati esteri sono poco aperti,come si può far arrivare efficacemente il messaggio che i vini italiani meritano di essere diffusi?

“Non si deve trascurare la diffusione della cultura del vino, che deve essere trasmessa in modo anche ludico e piacevole. I giovani ormai sono molto più informati rispetto a qualche anno fa, sono curiosi quindi occorre rendere fruibili informazioni ed esperienze per fidelizzarli. Anche i prezzi a bottiglia fanno il loro gioco, esistono centinaia di vini di qualità che non costano molto,ma anche su questo punto occorre la collaborazione dei ristoratori, che dovrebbero impegnarsi a non alzare il costo del calice singolo”.
 Manuela Caracciolo