Marco-PolilloLa rosa finale degli scrittori in lizza per il premio Asti d’Appello 2014 è stata resa pubblica. Proponiamo il nostro consueto giro di interviste agli autori in vista della proclamazione del vincitore che si aggiudicherà i 10mila euro del premio. A tutti abbiamo fatto le stesse domande. Dopo Hans Tuzzi, dal premio Comisso, autore del libro Morte di un magnate americano (Skira), è il turno di Marco Polillo, in concorso con Il convento sull’isola (Rizzoli) dal Premio Cortina d’Ampezzo. Polillo stato direttore generale di Rizzoli e Mondadori, e da anni si occupa della casa editrice che porta il suo nome. Attualmente è presidente dell’Associazione Italiana Editori. Con Rizzoli ha pubblicato Il pontile sul lago (2011) e Villa Tre Pini (2012) Da sempre appassionato di gialli, ha curato numerose antologie, ha pubblicato Testimone invisibile (Piemme 1997 e 2010) e Corpo morto (Piemme 2009), sempre con protagonista il vicecommissario Enea Zottìa. Il convento sull’isola e Corpo morto sono i suoi due ultimi romanzi (2014) pubblicati dalla casa editrice Rizzoli.   Ci può parlare del suo libro in concorso? Come lettore ed editore (che è poi il mio vero mestiere) mi sono sempre occupato di gialli, quindi era inevitabile che quando ho iniziato a scrivere romanzi, la trama gialla avesse una parte rilevante. La differenza con altri colleghi giallisti è che le mie storie richiamano alla mente quelle della tradizione anglosassone della cosiddetta “età d’oro”, quando il mystery era inteso soprattutto come un gioco intellettuale, una specie di sfida che l’autore lanciava al lettore: “Trova il colpevole se sei capace!”.  Sono quindi gialli a enigma, niente affatto cruenti e con la totale assenza della malavita organizzata, per cui il colpevole è quasi sempre una persona comune, quello (o quella) che nessuno mai potrebbe sospettare. C’è poi una grande attenzione ai personaggi e alle atmosfere, per questo li ambiento in luoghi piccoli (Positano, le colline sopra il lago Maggiore o, come nel “Convento sull’isola”, il lago d’Orta). Non avendo mai considerato il giallo come un sottogenere letterario, come una volta veniva inteso, è naturale che la trama non sia tutto, occorre anche la scrittura: un bel giallo scritto male vale poco, così come è deludente un’ottima scrittura su una trama impalpabile. Sulla mia qualità letteraria non sono ovviamente io il migliore dei giudici, ma sulla trama ritengo che i lettori possano trovare parecchi motivi di interesse: il convento delle suore di clausura che dà il titolo al romanzo, delitti, avvenimenti misteriosi e – perché no? – i problemi sentimentali dei miei personaggi. In sintesi, amore e morte, gli elementi fondamentali della vita di tutti noi”. Come descriverebbe l’esperienza dei premi letterari in Italia? “Partecipare a un premio letterario è divertente, a patto che uno lo intenda come una specie di gioco. Meglio vincere che perdere, ovviamente, ma non bisogna prendere la sconfitta come una bocciatura o la vittoria come una certificazione di qualità. I fattori che entrano in gioco nella decisione finale dei giudici sono tantissimi, quindi occorre considerare solo il lato divertente della cosa”. Conosce gli altri autori coinvolti nel Premio e cosa si aspetta dal Premio Asti d’Appello? “Qualcuno sì, anche personalmente, altri solo di nome e altri ancora no. Mi aspetto una giornata piacevole; il meccanismo del premio è molto intrigante e lo distingue nettamente dagli altri premi in circolazione. Se poi si vince… meglio ancora”.