Riccardo Cotarella è presidente nazionale dell’Assoenologi, associazione che comprende il 99% degli enologi italiani. Ieri (lunedì 9 dicembre) assieme all’enologo Vincenzo Gerbi, ordinario al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, ha condotto la degustazione di 21 campioni di Barbera d’Asti e Nizza Docg provenienti da tutto l’astigiano nell’ambio dell’evento “Anteprima della Barbera d’Asti 2019”, organizzato da Coldiretti Asti.

Presidente, sullo scenario dell’enologia italiana, che posizione occupa la Barbera d’Asti?
È uno dei vitigni storici italiani, è tradizione, è aggiornamento e innovazione. Per alcune caratteristiche organolettiche assomiglia al Nero d’Avola siciliano, ma qui siamo in Piemonte, parliamo di territori molto diversi. Un vino fresco e maturo, con espressioni di frutto che si riescono a percepire anche oltre l’olfatto, tanto è evidente. In bocca è dinamico e il colore è sempre acceso. È un prodotto italiano, ma ancor di più, piemontese.

Durante la degustazione ha fatto riferimento ad alcuni vantaggi che il cambiamento climatico può dare a certe colture…
Il cambiamento climatico fa maturare meglio le uve tardive, come la Barbera. Non è un caso se abbiamo assaggiato 21 campioni di questo livello, 50 anni fa non avevamo questi risultati. È però un processo che deve essere accompagnato dalla scienza in vigna. Serve professionalità, non possiamo scherzare col fuoco. Oggi non c’è più posto per il viticoltore della domenica che durante la settimana fa l’ingegnere. A volte certe avversità possono essere trasformate in positivo nella misura in cui vengono controllate.

Con lo svilupparsi del libero mercato, il vino italiano può essere messo in difficoltà o può avere l’occasione di espandersi?
Se c’è un prodotto che non può subire la globalizzazione è il vino, specialmente se italiano. Uva e vino si legano fortemente al territorio, ad un popolo e alla tradizione. Parlare di Barbera vuol dire parlare di Piemonte, di astigiano, di albese. Potrai anche esportare un vitigno e piantarlo in Campania, ma non potrai mai farlo con il territorio. Con la globalizzazione queste peculiarità si possono presentare a tutto il mondo.

Danilo Bussi