Il nostro lungo viaggio nel mondo culturale ci porta a conoscere un personaggio in genere schivo e refrattario alle interviste pubbliche ma che con noi si è dimostrato sorridente, ironico e loquace forse perché, pur non essendo un salotto sabaudo, la piccola biblioteca di un paesino del Monferrato, era il posto giusto.
Il soggetto in questione è Margherita Oggero che ci narra volentieri della sua ultima fatica letteraria “Non fa Niente” (Einaudi) e di tante altre cose, nella biblioteca di Scandeluzza.
Sabato alle 18 la scrittrice sarà ospite a FuoriLuogo dove dialogherà con Davide Ruffinengo di Profumi per la Mente.
Professoressa Oggero, ci parli del suo ultimo libro partendo dal titolo “Non fa niente”.
“Il titolo avrebbe dovuto essere “Nicebo” in russo, infatti la nonna della protagonista è un’ebrea russa e significa “Non fa niente”, ambientato in uno scenario in cui il mondo esterno andava avanti senza fare troppi sconti. Era un modo di dire simile al nostro “Al fa pa niente” un atteggiamento difensivo adottato davanti alle grandi tragedie dell’epoca, voleva dire tiriamo avanti, guardiamo oltre. Il mio amico Gambarotta, ironicamente, mi ha detto che non si poteva intitolare un libro così, sarebbe stato controproducente”.
Ma veniamo alla storia e al periodo della narrazione.
“Praticamente il romanzo copre 70 anni di vita privata di alcune famiglie e si intreccia con i vari avvenimenti storici che si susseguono in quegli anni: il nazismo, due guerre mondiali, la guerra civile, l’attentato a Togliatti, il Sessantotto, gli anni di piombo. E’ la storia di due figure femminili speciali, Ester e Rosanna, diverse ma assolutamente complementari tra di loro. Ester e Rosanna stipulano un patto, per qualcuno forse scandaloso, inaccettabile: un patto che cambia per sempre le loro vite. L’idea nasce da un fatto realmente accaduto, il libro parte dal 1948 e racconta la nascita del figlio di Ester e poi torna indietro agli anni ‘20 e a suo padre. Nel 1990 Ester torna a Berlino, la sua città, con il figlio, dopo la caduta del muro e vede che la sua casa non c’è più ed esclama : “Non fa niente…”.
Nel suo libro si nota il suo legame particolare con luoghi ed oggetti…
“Effettivamente sono molto legata agli oggetti, pensi che ho ancora una vecchia moka per farmi il caffè che tengo nonostante le manchi qualche pezzo. Ho ricostruito la storia anche attraverso le coperte e i cappotti al tempo di guerra, erano di lanital, pesantissimi, poi sono diventati coperte di sottofondo per stirare. In campagna si allevavano le oche e con le piume di seconda scelta si faceva il piumino per coprirsi dalla vita in giù”.
L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da vanaredì 24 novembre 2017
 Massimo Allario