Secondo gli ultimi dati, Asti sarebbe tra le peggiori città italiane in termini di qualità dell’aria. Per fare chiarezza su quali siano le cause e i percorsi da intraprendere per migliorare la situazione ci siamo rivolti a Enrico Bonansea, responsabile della Struttura Attiva di Produzione del Dipartimento territoriale Piemonte Sud Est dell’Arpa Piemonte.

Partiamo dall’inizio: che cosa influenza negativamente la qualità dell’aria?

“La qualità dell’aria è chiaramente determinata dalla combinazione delle molteplici sorgenti emissive come il traffico, il riscaldamento, le combustioni, l’agricoltura, e dalle condizioni meteorologiche e climatiche, sia su scala vasta sia locale. Va ricordato infatti che la nostra Regione e tutta la Pianura Padana sono caratterizzate da condizioni atmosferiche del tutto peculiari che ne riducono la capacità di diluizione degli inquinanti rispetto ad altre zone geografiche, comportando a parità di emissioni totali, livelli di concentrazioni decisamente più elevati”.

Si parla delle polveri sottili: di cosa si tratta nello specifico? Da cosa sono provocate e come si creano?

“Le polveri sottili sono costituite da una miscela di particelle allo stato solido o liquido, presenti in sospensione nell’aria e soggetti a fenomeni di diffusione e trasporto. Il diametro è uno dei criteri più importanti per suddividere le polveri in sospensione nell’aria e per questo motivo si parla di Pm10 (particelle con diametro inferiore a 10 micrometri pari a 10 millesimi di millimetro), ma anche di Pm 2,5 e Pm 1 (dette polveri ultrafini con diametro inferiore rispettivamente a 2,5 µm e 1 µm). Queste polveri possono essere di origine primaria, cioè emesse direttamente in atmosfera da processi naturali o antropici, o secondaria, cioè formate in atmosfera a seguito di reazioni chimiche e fisiche. Le principali sorgenti naturali sono l’erosione dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche, gli incendi forestali, i pollini ecc; le sorgenti antropiche si possono ricondurre principalmente al traffico autoveicolare, sia come emissioni  da combustione sia come usura dell’asfalto, dei pneumatici, dei freni e delle frizioni, alle emissioni di attività industriali (ad esempio cantieri edili, fonderie, cementifici), al riscaldamento, alle attività agricole e alla produzione di energia elettrica. Le polveri fini e ultrafini si formano in atmosfera (particolato secondario) anche da numerosi precursori, tra cui ossidi di azoto, idrocarburi, inquinanti emessi dal settore agricolo e zootecnico, uso di solventi. Va ricordato che all’interno del Piano regionale di qualità dell’aria (Prqa) vengono descritti lo stato di qualità dell’aria e identificati i comparti emissivi – agricoltura, energia, trasporti, industria – che hanno maggior peso sulle concentrazioni atmosferiche”.

Durante il periodo del lockdown, con automobili ferme e aziende chiuse o a riduzione di produzione, si pensava che la situazione migliorasse, ma dai rilevamenti è emerso che i miglioramenti non erano poi così significativi. Dunque, cosa influisce principalmente? Riscaldamento nelle abitazioni, ad esempio?

“Per interpretare correttamente i dati dei valori misurati nelle centraline di qualità dell’aria, va ricordato che Pm10 e biossido di azoto hanno origini e caratteristiche diverse e fortemente influenzate oltre che dalle emissioni, anche dalle condizioni meteorologiche stagionali: per il biossido di azoto, che risponde più rapidamente alle variazioni delle emissioni, il traffico veicolare è di gran lunga la fonte prevalente, mentre nel caso delle polveri sottili il quadro è più complesso, in quanto una parte significativa è di origine primaria, cioè emessa direttamente come particolato in atmosfera, dai processi di combustione, in particolare dalla combustione della biomassa legnosa a scopo di riscaldamento civile; un’altra, altrettanto significativa è invece di natura secondaria ed è prodotta dalla trasformazione in particolato di altre sostanze (es l’ammoniaca, ossidi di azoto e i composti organici volatili), emesse originariamente in forma gassosa da una molteplicità di fonti diffuse su un territorio molto vasto. E’ per questo motivo che durante il lockdown si è assistito a una riduzione del biossido di azoto direttamente attribuibile alla riduzione delle emissioni da traffico veicolare, mentre per il Pm10 il fenomeno è stato meno evidente a causa della maggiore varietà di sorgenti e della complessità dei processi di formazione e accumulo”. 

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 17 febbraio 2023

Laura Avidano