Il primo candidato al Premio Strega astigiano è stato presentato sabato pomeriggio in una Piccola Libreria Indipendente piena letteralmente fino all’orlo. Gian Marco Griffi, 45 anni, cresciuto a Montemagno, ha un’aria tranquilla e alla mano, che non tradisce l’orgoglio per i tanti premi vinti quest’anno dal suo romanzo “Le ferrovie del Messico”, diventato un romanzo cult. Tanti, tra cui Mastercard e Fahrenheit, da essere decretato “romanzo dell’anno 2022”. Un piccolo editore (Laurana Editore) e uno scrittore non da prima pagina hanno fatto l’impresa: imporsi come libro rivelazione ed essere ristampato più volte grazie a un successo che si è propagato con il passaparola.

Scritto in una lingua mista di italiano e piemontese, furfantesco e letterario, il romanzo è stato proposto come candidato al Premio Strega dallo storico Alessandro Barbero. Con una trama articolata ma mai sfilacciata, potrebbe durare più delle sue 800 pagine. 

Il protagonista è lo sventurato Cesco Magetti, soldato tormentato dal mal di denti, a cui è assegnato un compito bizzarro: riprodurre una mappa delle Ferrovie del Messico. L’ordine arriva dai gerarchi nazisti ai “fratelli” della Repubblica Sociale italiana, in particolare alla Guardia Nazionale Ferroviaria di Asti dove Magetti lavora. Il reticolo della trama si propaga come una slavina, fra sfasamenti temporali, cambi di prospettiva (con la frequente variazione dell’io narrante) e infiniti personaggi uno più incredibile dell’altro.

Com’è nata l’idea del romanzo?

“Ho iniziato a scrivere durante il lockdown. Oltre a quello di raccontare la storia di Cesco, Tilde e tutti gli altri, il mio obiettivo era quello di provare a ricostruire la vita ad Asti nel 1944. È un periodo di storia troppo recente per essere del tutto oggettivi, perché ognuno di noi conosce qualcuno che l’ha vissuto. Ma al di là delle grandi ideologie, volevo provare a immaginare come potesse essere la vita per tutti”.

Così è nato un grande romanzo corale. Si era reso conto di stare scrivendo un grande libro?

“Il mio libro precedente, una raccolta di racconti, ha venduto poco più di 300 copie. Perciò credevo molto nella storia, ma non pensavo che avrebbe raggiunto così tanti lettori. Ne raccontavo spesso delle parti a mio figlio di 4 anni per farlo addormentare”.

La trama segue le vicende di una miriade di personaggi pur basandosi su pochi semplici avvenimenti. Quali sono stati i suoi modelli?

“Sicuramente in parte ho provato a inserirmi nel filone della narrativa piemontese che ha in Fenoglio il suo più grande esponente. Tuttavia, le campagne erano già state raccontate, perciò mi sono concentrato sulla città di Asti. È la mia città, il luogo delle mie radici, non potevo immaginarlo ambientato da nessun’altra parte. Si dice che chi legge l’Ulysses di Joyce riesca a rivedere la Dublino d’inizio Novecento. Ecco io, nel mio piccolo, volevo fare la stessa cosa. E iniziando a girare la città con l’intento di raccontarla, ho scoperto molti dettagli e particolari che a loro volta hanno aperto altre storie, un po’ come succede nei romanzi di Borges”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 17 febbraio 2023

Elena Fassio