A quarant’anni dalla strage di via Carini a Palermo è arrivata su Rai 1 la serie “Il nostro Generale”, con la regia dell’astigiano Lucio Pellegrini.

Il film tv racconta, in quattro puntate, la storia del Nucleo speciale antiterrorismo creato dal Generale Carlo Alberto dalla Chiesa – interpretato da Sergio Castellitto – per combattere l’attacco delle Brigate Rosse allo Stato in quella che fu una vera e propria guerra per la difesa della democrazia.

Le scene sono girate tra Roma, Palermo e Torino e in alcuni dei luoghi reali delle vicende narrate, tra cui la Caserma dei Carabinieri “Pietro Micca” di Torino e il cortile dove le Brigate Rosse uccisero Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino.

Abbiamo intervistato il regista all’indomani della messa in onda della prima puntata.

Come è stato riadattare questi luoghi per le scene?

“La narrazione prende il via nel 1973, quando il Generale dalla Chiesa viene trasferito da Palermo – dove era impegnato nella lotta alla mafia – a Torino dove le Brigate Rosse stanno iniziando a rivendicare le loro prime azioni di propaganda armata: il Generale è il primo a capire l’entità del pericolo per la già fragile democrazia italiana e la necessità di contrastarlo con nuovi mezzi investigativi”. 

Ai tempi delle Brigate Rosse lei era un bambino. Ha ricordi di qualche sensazione che il mondo esterno, quello dei suoi genitori, stesse mutando?

“Certamente. Ero un ragazzino all’epoca, ma di quel periodo ricordo bene l’atmosfera cupa, la paura si respirava nell’aria, soprattutto quando andavo a Torino. Si percepiva, nelle strade un senso di precarietà e timore. Anche per questo ho accettato subito di occuparmi della regia de “Il nostro generale” perché credo che quegli anni bui abbiano cambiato la vita degli italiani e che sia doveroso fare luce, per quanto possibile, su quanto accaduto, anche per raccontarlo alle nuove generazioni”.

Da una parte vi sono quindi il Generale e un gruppo scelto di giovani carabinieri sotto copertura, dall’altra ragazzi altrettanto giovani, i brigatisti. In che modo gli attori selezionati si sono avvicinati a quel periodo storico?

“Ho notato parecchia curiosità da parte loro, e volontà di informarsi, di capire come vivessero i loro coetanei all’epoca. Molti di loro sono stati a stretto contatto con i carabinieri che hanno affiancato Dalla Chiesa, facendosi raccontare le vicende e raccogliendo informazioni”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 13 gennaio 2023

Manuela Caracciolo