Nato a Melito di Porto Salvo nel 1958, è stato sindaco di Riace dal 2004 al 2018. Nel 2010 gli è stato riconosciuto il 3° posto nella classifica internazionale «World Mayor» e nel 2016 è entrato nella Top 50 di Fortune. Domenico Lucano è venuto, ieri, ad Asti a presentare il suo nuovo libro “Il fuorilegge” (Feltrinelli) in una gremitissima sede dell’Università di Asti. Tra le centinaia di convenuti, il vescovo di Asti, Marco Prastaro, ha ricordato come il sangue degli uomini sia uguale. Per tutti. A tutte le latitudini. Il Modello Riace ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, tra cui il premio per la Pace e i Diritti umani di Berna.  In tanti hanno cercato di capirlo, grazie all’associazione “Città del Sole” che ha organizzato la presentazione, al suo presidente Vincenzo Soverino ed ai suoi consiglieri, Giovanni Pensabene e Salvatore Leto, abbiamo provato a farlo anche noi.

Anni fa intervistai una coppia di anziani signori dell’astigiano che avevano rischiato la vita nascondendo una famiglia di ebrei alla ferocia nazi-fascista durante la seconda guerra mondiale. Chiesi loro: ma chi ve l’ha fatto fare? Posso chiederlo anche a lei?

“Vede, io sono uno di quei figli di quella primavera di giovani che è sbocciata in Calabria negli anni ’70 –’80. Ho avuto come maestri di pensiero personalità come Peppino Loverato, sindaco di Rosarno. Spesso mi raccontava di quella sera negli anni ’80, quando era a cena a “La Pergola” a festeggiare una vittoria del Pci assieme al suo amico e segretario del partito, Giuseppe Valarioti. Ad un certo punto hanno sentito dei colpi e lui si è ritrovato col cadavere del suo amico tra le braccia. Io vengo da una terra da dove la gente fugge per cercare un posto migliore. Un lavoro. Un pezzo di terra, che non sia proprietà di un latifondista. Una terra in cui bisogna scegliere da che parte stare: se dalla parte del popolo o dalla parte dei potenti. 

Come le è venuto in mente di creare il modello Riace? 

“Non è venuto in mente a me. Tutto cominciò nel 1998 quando il vento spinse un barcone, con 200 Curdi, sulle nostre spiagge. Fu spontaneo accogliere i naufraghi, come è tradizione per la gente di mare. Grazie allora nostro Vescovo, Giancarlo Maria Bregantini, vennero ospitati nella Casa del Pellegrino. Iniziammo a conoscerci e capimmo che era gente, uomini come noi, che fuggivano dalla guerra e dalle persecuzioni: la loro terra non esisteva più. Strappata a Nord dalla Turchia ed a sud dall’Iraq. Uno di loro, Hassam, mi disse che loro erano un popolo senza casa e noi avevamo le case senza popolo. Ed era vero. Molte case erano vuote ed i loro abitanti erano in quelle che noi chiamiamo “Riace Altrove”: comunità di Riacesi in giro per il mondo in cerca di una vita migliore. Fu Hassam che inventò il modello Riace, non io. Mi attivai subito con i miei compaesani all’estero. Ricordo che la prima sera non c’era nemmeno l’energia elettrica. Racimolammo tutte le candele del paese e le mettemmo nelle case del borgo. Il sogno iniziò con la tenue luce di una candela nella notte ad illuminare le case non più disabitate di un borgo destinato altrimenti all’abbandono. Accogliemmo migranti da tutte le parti del mondo. Assumemmo 70 mediatori culturali. Riaprimmo, con 14 maestre, l’asilo e le scuole altrimenti destinate alla chiusura. Vennero riaperte botteghe, negozi, laboratori artigiani, fattorie e siccome i fondi statali arrivavano dopo mesi e mesi creammo una moneta apposita che i commercianti di Riace accettavano. C’era uno studio medico gratuito per tutti. L’umanità aveva vinto sulla discriminazione. La felicità aveva vinto sull’odio.”

C’e’ chi dice che bisogna aiutarli a casa loro…

“Mi passi la battuta, ma li abbiamo già aiutati a sufficienza a casa loro. In passato con il colonialismo, ad esempio. Ora, con le multinazionali che si prendono le loro terre e razziano le loro risorse, spesso con la complicità di governanti sul loro libro paga. Con le aziende occidentali che forniscono le armi con cui vengono ammazzati. Alle volte mi chiedo se basterebbe smettere di rubare a casa loro invece di aiutarli. Non si può più fare il sindaco allo stesso modo quando si parla con gli ultimi del mondo e si comprende cosa sta succedendo. Sono loro i veri protagonisti di questa storia del mondo: quelli che hanno subito sulla loro pelle le ingiustizie di questo sistema economico e politico. Di questa classe politica che è disposta a cavalcare e fomentare ogni tipo di paura per un voto, grondante sangue, in più. Padre Gutierrez dice che la vita è un si o no a Dio: spesso mi chiedo come può un cristiano votare Salvini.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola il prossimo venerdì, 25 settembre 2020

Paolo Viarengo