L’Unione europea propone di aggiungere acqua al vino? “C’è sempre molta confusione sui giornali italiani per questioni che riguardano l’Unione Europea”. Ex ministro all’Agricoltura in 3 governi, oggi parlamentare europeo, in cui è membro della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, Paolo De Castro ha risposto ad alcune nostre domande su un tema che ha fatto discutere la scorsa settimana e che andava assolutamente chiarito. Coldiretti ha denunciato infatti un’iniziativa proveniente dalla Commissione Europea per permettere ai produttori di vino di ridurne il contenuto di alcol nella nuova Politica Agricola Comune.

Onorevole, le associazioni di categoria sono insorte questa settimana dopo una proposta in sede europea sulla possibilità di dealcolazione parziale o totale dei vini. Vuole precisarci bene di cosa si tratta?

“C’è sempre un po’ di confusione su queste cose, perché gli argomenti sono molti. Ma non c’è nulla di nuovo. La proposta fa parte della nuova Pac (2021-2027) ed era stata fatta già nel 2018. Ci sono poi state le prese di posizione del Parlamento e del Consiglio. A ottobre il Parlamento Europeo si era espresso negativamente sull’estensione della dealcolazione ai vini ad indicazione geografica, lasciandola aperta per i vini da tavola”. 

Impedendola quindi su Doc e Docg…

“Esatto, che rientrano proprio nelle indicazioni di origine. Ma già ad ottobre l’avevamo detto, le notizie poi vengono riprese e stravolte nel dibattito e nelle prese di posizione, da ultima quella ridicola sull’aggiunta di acqua. La dealcolazione non avviene in questo modo, è un processo di distillazione. Si toglie alcol, concentrando il vino, ma non si aggiunge acqua. Il dibattito adesso sta arrivando in conclusione e alcuni paesi nordeuropei, ma anche la Francia, sono favorevoli a questa pratica. Per fine maggio dovremmo raggiungere un accordo sull’intero pacchetto della Pac”.

Dal suo punto di vista è una proposta oculata? E perché?

“Ho già dichiarato che personalmente sono contrario, anzi penso che un vino dealcolato non possa chiamarsi vino. Anche perché non potrebbe non avere risvolti sull’etichettatura. Il consumatore dovrà ben sapere che cosa sta comprando. Capisco comunque da economista che ci possa essere un interesse economico in alcuni mercati del mondo in cui c’è domanda di prodotti a bassa tenuta alcolica”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 14 maggio 2021

Danilo Bussi