Il professore di Diritto Costituzionale Renato Balduzzi risponde alle tematiche legate al referendum costituzionale previsto per il 20 e il 21 settembre nel quale si deciderà il taglio dei parlamentari.

Professore, secondo la sua opinione questo referendum era proprio necessario?

“La domanda vera è se è necessaria la riduzione del numero dei parlamentari. La nostra Costituzione esclude il referendum costituzionale quando la legge costituzionale è approvata in seconda votazione da ciascuna Camera con la maggioranza dei due terzi dei componenti, presupponendo in questi casi la coincidenza tra volontà parlamentare e volontà del corpo elettorale. Sulla legge di revisione tale maggioranza non c’è stata e allora la richiesta di referendum va valutata sotto il profilo della opportunità: a mio parere la campagna referendaria era opportuna per consentire all’elettore di capire le ragioni della riduzione e le sue conseguenze. Constato tuttavia una certa confusione nei messaggi provenienti dal mondo politico e dalla stessa riflessione scientifica, forse specchio dell’incertezza che ha accompagnato le votazioni su questa legge costituzionale e frutto della “solitudine” in cui la legge di revisione è venuta alla fine a trovarsi. Mi spiego: mentre era chiara la “ratio” delle tre proposte di legge costituzionale presentate in origine (oltre alla riduzione del numero dei parlamentari, la previsione di forme di referendum propositivo e l’eliminazione del divieto di mandato imperativo), cioè una chiara e drastica presa di distanza dalla democrazia parlamentare rappresentativa a favore della cosiddetta democrazia della rete (e pertanto l’elettore aveva davanti un quadro comprensibile e avrebbe potuto comprendere meglio le conseguenze dei singoli voti), ora le posizioni sono meno trasparenti poiché molti sostenitori del sì dicono di farlo per rivitalizzare la democrazia parlamentare …”. 

Quale sarebbe il risparmio effettivo se si tagliassero i parlamentari?

“L’ormai famoso euro all’anno per ogni cittadino. Non mi sembra il cuore del problema, anche se veniamo da anni di polemica, a volte giustificata, altre volte no, contro la cosiddetta casta, e quindi molti elettori voteranno sulla scia di questo rancore. Dimenticando, forse, di cercare di capire perché la “casta” abbia approvato la riduzione dei propri ranghi”.

Non si corre comunque il rischio in caso di vittoria dei sì di avere una minore rappresentatività territoriale?

“Sotto il profilo quantitativo, certamente. Sotto il profilo qualitativo, occorre chiederci quali siano gli ingredienti di una vera rappresentatività. Tra questi, penso soprattutto alla reputazione del rappresentante e alla fiducia verso di lui da parte del rappresentato. E questi ingredienti dipendono meno dal rapporto numerico tra elettori ed eletti che dal contesto politico-culturale complessivo. Il problema che abbiamo avuto in questi anni è la progressiva perdita di incidenza e di autorevolezza territoriale da parte dei parlamentari, connessa naturalmente al declino dei partiti. Come ridare ruolo e significato al parlamentare, questo mi pare il problema vero. Il loro numero non mi pare il cuore del problema. Piuttosto sono preoccupato per una possibile conseguenza della riduzione, che tocca un altro profilo della rappresentatività e il funzionamento pratico della vita parlamentare. Una così incisiva riduzione comporterà la difficoltà, per i gruppi parlamentari meno numerosi, di assicurare una presenza adeguata nel lavoro di commissione, che è quello dove la discussione è maggiormente proficua e il pluralismo politico-culturale, che è il cuore della democrazia, può meglio esprimersi. Si replica a questa obiezione dicendo che basterà accorpare le commissioni e l’inconveniente si risolve. Ma, così facendo, si sposta semplicemente il problema: avremo meno specializzazione dei parlamentari, e dunque saranno più forti “lobbies” e gruppi di pressione. Se a ciò aggiungiamo che la discussione sulla legge elettorale fa registrare convergenza su un unico punto, quello relativo a una formula elettorale proporzionale neanche troppo, sembra di capire, selettiva, la contraddizione diventa palese: avremo un numero maggiore di gruppi parlamentari e al tempo stesso meno parlamentari”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 18 settembre 2020

Enzo Armando