In occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, che si è celebrata mercoledì 24 gennaio, il vescovo monsignor Marco Prastaro ha invitato ad Asti don Luca Peyron, giurista e teologo, referente della Pastorale universitaria della diocesi di Torino e della Regione Piemonte, nonché coordinatore del Servizio per l’Apostolato digitale e coordinatore degli aspetti culturali della prima missione spaziale cattolica, “Spei Satelles”, lanciata a giugno 2023, che permette di ascoltare la voce di papa Francesco da ogni punto del mondo al sorgere del sole.

Partendo dal messaggio che il pontefice ha dedicato a “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana” per la prossima 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, abbiamo chiesto a don Peyron di approfondire la tematica riguardante l’Ai.

Don Peyron, cosa si intende per intelligenza artificiale?

“Si tratta di sistemi informatici che simulano il funzionamento del pensiero umano. Le prime intelligenze artificiali sono nate negli anni ‘50 con Alan Turing, che ha costruito la famosa macchina in grado di decifrare i codici nazisti copiando l’agire umano. A partire dagli anni ‘80 l’AI è stata applicata a giochi come dama e scacchi. Ricordiamo per esempio il celebre scontro tra il campione russo Kasparov e la macchina Deep Blue nel 1996. Si tratta di macchine molto performanti, che si comportano esattamente come gli esseri umani, ma per le quali forse il termine “intelligenza” è fuorviante. La macchina, infatti, non ha coscienza di sé. Non può decidere cosa fare se non in base ai dati che le diamo in pasto e su cui l’abbiamo “allenata” a prendere decisioni. Ci siamo convinti che una macchina possa essere più intelligente di noi solo per non sentirci stupidi, ma la macchina produce solo output”.

E l’intelligenza generativa?

“Si tratta di intelligenze artificiali che generano immagini, testi, suoni o video. Ci sono giornalisti digitali, a prima vista indistinguibili da giornalisti veri. Ci sono influencer digitali, che condividono la propria vita esattamente come influencer veri, e doppiatori digitali, che riproducono perfettamente timbro ed espressioni vocali dell’attore originale in un’altra lingua. Oppure la famigerata ChatGpt, che crea testi, articoli e raccolte di documenti uguali a quelli scritti dagli umani, anche se “senz’anima”.

Tutto ciò per molti è inquietante.

“Di sicuro non possiamo fare finta che questa realtà non esista o non abbia influenza sulle nostre vite, ma ciò che si conosce diventa più gestibile. Tuttavia, l’Europa non sta investendo a sufficienza su queste nuove tecnologie. Cina e India investono miliardi di dollari in ricerca e sviluppo con un orizzonte temporale di 50 anni, mentre noi fatichiamo a programmare la ricerca per i cinque anni del mandato di un rettore universitario. Oggi il 75% dei dati sull’intelligenza artificiale è cinese e ci sono frontiere che sono state ampiamente superate. Abbiamo iniziato a vedere gli effetti dell’uso spregiudicato dell’intelligenza artificiale con il caso Cambridge Analitica, che ha pilotato l’elettorato inglese verso la Brexit, targhettizzando gli utenti e falsando i dati sui social network. Le elezioni Usa di quest’anno saranno un banco di prova per le AI generative, che potranno mettere in rete video falsi dei candidati e clonazioni. Le fasce sociali più vulnerabili ai deep fake sono proprio quelle meno avvezze e abituate a usare gli strumenti digitali”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 9 febbraio 2024

Elena Fassio